Silvano Fausti. Ascolta, Israele



1. Messaggio nel contesto 

«Non sei lontano dal regno di Dio», risponde Gesù allo scriba che ha capito il comandamento che sta a principio della legge. Non è lontano, ma,per entrarvi, gli manca una cosa: amare Gesù, il Signore che gli si è fatto vicino. Il brano conclude dicendo che nessuno più osava interrogarlo. Il nostro silenzio lo costringerà a provocarci perch? lo interroghiamo, per capire chi è lui: è il Signore (brano seguente). Solo dopo la croce ci sarà uno - Giuseppe di Arimatea - che attendeva «il Regno» e «osò» «chiedere». Ebbe in dono il corpo di Gesù (15,43 ss). Infatti solo lì sappiamo chi è il Signore: colui che per primo ci ha amati. La nostra vita è amare Dio e unirci a lui (cf Dt 30,20), diventando per grazia ciò che lui è per natura. L'amore per lui è via alla divinizzazione: uno diventa ciò che ama. Dio non solo è madre e padre, amore rispettivamente necessario che dà la vita e libero che non la soffoca; è anche sposo, al quale aderire formando con lui un'unità pur nella distinzione. Il nostro peccato fu ignorare questo amore, voltandogli le spalle. Gesù è venuto a portarcelo in ogni lontananza, fin sulla croce, perch? ognuno possa vederlo e conoscere così le Scritture e la potenza del Dio dei viventi (cf brano precedente). Chi risponde a questo amore è passato dalla morte alla vita; chi non ama, rimane nella morte (1 Gv 3, 14). Gesù ha un solo potere: quello di donarsi in modo assoluto, proponendosi ed esponendosi fin sulla croce, in attesa di essere corrisposto. Discepolo è chi riconosce e crede nell'amore che Dio ha per lui in Gesù (1 Gv 4,16). Il Cantico dei Cantici svela la nostra verità: siamo la risposta alla proposta di Dio.





2. Lettura del testo

v. 28 uno degli scribi, visto che aveva risposto bene, lo interrogò. Non c'è polemica in questa domanda. C'è desiderio di conoscere e disponibi-lità ad ascoltare. L'unico pericolo è che il desiderio cessi prima di essere appagato. il comandamento primo di '`tutti. La vita dell'uomo dipende dall'obbe-dienza alla parola di Dio (Dt 30,15 ss). Qui lo scriba chiede qual è il «primo» dei comandamenti. Cerca il loro criterio ispiratore e unificatore, per non cadere in un legalismo vuoto, che frantuma l'esistenza.

v. 29 Ascolta, Israele, ecc. Gesù richiama lo «Shema» (Dt 6,4 ss), da recitarsi nella preghiera del mattino e della sera. Prima del comando c'è: «Ascolta Israele!». Infatti è possibile amarlo solo nella misura in cui co-nosciamo il suo amore per noi, incredibile per chi non ascolta la parola che lo rivela. Signore è il Dio nostro, l'unico Signore. Il nostro amore non si rivolge a un idolo, ma all'unico Signore, pieno di maestà e degno di riverenza. Egli ci ha creati e salvati, mostrandosi unico Signore e Signore nostro.

v. 30 amerai il Signore tuo Dio. Se non ce l'avesse comandato, non avremmo mai osato. Fa tenerezza un Dio che chiede: «Ascolta, per favo-re! Voglimi bene, perch? io sono innamorato di te. Anzi, siccome non mi credi, te lo comando: amami! ». L'amore o trova o rende simili. Il suo per me l'ha fatto uomo, il mio per lui mi fa Dio. Amare significa lodare, riverire e servire. Lodare, il contrario di invidiare, è gioire del bene dell'amato; riverire è rispettarlo e tenerne conto per timore di perderlo; servire è mettergli a disposizione ciò che si ha, ciò che si fa e ciò che si è. Impariamo cos'è l'amore dal Signore stesso, che ha gioito del bene nostro più che del suo, ha stimato noi più di s?, e ha posto la propria vita a nostro servizio. Questo comando ci fa capire chi è lui: è colui che è da amare perch? è l'amore. Se amare è il fine per cui siamo creati, il nostro peccato o falli-mento (in ebraico hattat = fallire) è il non esserne capaci. con tutto intero il tuo cuore. Il cuore è il centro da cui scaturisce ogni azione. Dio accetta di non essere amato, ma non di essere secondo. Non sarebbe Dio. Lui è il polo unico, in base a cui oriento ogni mia scelta; è l'assoluto che non voglio perdere, il primo e l'unico, il mio Signore. Nessun altro desidero all'infuori di lui, che solo sazia la mia fame. con tutta intera la tua vita. Lui è il Signore di ciò che sono e di ciò che faccio; vale più della mia vita, che metto a suo servizio, come lui ha fatto con me. con tutta intera la tua mente. L'amore è intelligente: ama conoscere per amare di più. L'intelligenza è come l'occhio del cuore. Non si può amare ciò che non si vede, come non si può non cercare di vedere chi si ama! con tutta intera la tua forza. Tutto ciò che ho, qualità personali e mezzi esterni, è da usare tanto quanto serve ad amare lui. Amandolo così, mi realizzo pienamente, diventando simile a lui, che è tutto e solo amore in s? e per me.

v. 31 Il secondo è questo. L'amore per l'uomo non è in alternativa a quello per Dio. Ne scaturisce come l'acqua dalla fonte. Per questo è «secondo». Non perch? sia secondario, ma perch? ogni amore deriva e scende dall'alto. Chi lo pone come primo scambia il rubi-netto con la sorgente. E, se si stacca da questa, rimane senz'acqua. Amerai il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18). La nostra capacità di amare è più grande di qualunque realtà creata; è infinita, perch? fatta per Dio. Il prossimo non va amato in modo assoluto; sarebbe farne un dio, mentre è un uomo. Lo si carica di un peso che non può portare, e lo si di-strugge. In genere lo si butta via, con delusione e odio, quando ci si ac-corge che è limitata. L'altro devo amarlo come me stesso, cioè come uno che realizza s? amando Dio. Quindi lo amo in verità solo se lo aiuto a diventare se stes-so, raggiungendo il fine per cui è stato creato, che è appunto quello di amare Dio sopra ogni cosa. Per questo molto del cosiddetto amore, che schiavizza s? e l'altro, è una scimmia di Dio. E necessaria una lunga purificazione perch? diventi amore. Ogni uomo è persona libera proprio perch? in relazione diretta e unica con Dio. Per questo un amore possessivo - diretto ed esclusivo -schiavizza e uccide (?ros e thànatos: amore e morte), mentre l'amore ve-ro libera e dà la vita (agàpe e zo?). come te stesso. Amare se stessi perch? amati da Dio è somma sapienza e principio di ogni buona azione. Come posso odiarmi se Dio mi ama; e come posso amare l'altro se odio me stesso? Altro comandamento non c'è più grande di questi. «Pieno compimento della legge è l'amore» (Rm 13,10). Ogni altro comando ha in questo il suo senso, e ne è un'espressione. Ciò che non viene dall'amore e non porta ad esso, non è volontà di Dio.

v. 32 egli è l'unico, ecc. Lo scriba risponde bene. Ma, come il ricco di 10,17, non ha ancora capito che il Signore unico da amare è davanti a lui.

v. 33 e amarlo, ecc. è meglio di tutti gli olocausti e i sacrifici. Lo scriba risponde ripetendo quella parola che è da ascoltare, ricordare e rac-contare ai propri figli (Dt 6,6 ss). Come ogni ripetizione, è uguale solo parzialmente, con quelle dimenticanze, accentuazioni, variazioni o amplificazioni che possono essere indotte dalla nostra disattenzione o dallo Spirito di Dio. Qui lo scriba tralascia l'amore con tutta la vita (sarà pro-prio della povera vedova: v. 44), e aggiunge che questo è il vero culto (cf 1 Sam 15,22; Os 6,6). Onorare Dio e santificare il suo nome infatti è compiere la sua volontà, discernendo ciò che è buono, a lui gradito, e perfetto. Questo è il culto spirituale (Rm 12,1 s), che fa di noi la sua dimora. E da notare che il dialogo si svolge nell'atrio del tempio, luogo del culto e del sacrificio, del quale presto si dirà che verrà distrutto (13,1 ss).

v. 34 aveva risposto saggiamente. Questo scriba è il primo a cui Gesù riconosce la saggezza. Essa consiste nel capire non tante cose più o me-no sottili, bensì ciò per cui siamo fatti. Non sei lontano dal regno di Dio. Questa risposta inattesa attende una nuova domanda: «Perch?? Cosa manca ancora?». Al ricco, Gesù rispose che una sola cosa gli mancava per entrare nel Regno: lasciare ogni cosa per seguire lui (10,17-21). A questo scriba dice che non è lontano dal Regno: è vicino e ci entrerà solo se oserà fino in fondo interrogarlo. Allora capirà l'amore di Dio per lui, e saprà amare come è amato. nessuno osava più interrogarlo. Gesù vuole essere interrogato. Lui stesso, nel brano seguente, pone la domanda decisiva, suggerendo la risposta. Signore, tu vuoi essere interrogato da me, perch? io impari da te cos'è l'amore e chi è il Signore. Se io non oso chiedere, continua tu a interrogarmi, fino a quando io ti interrogherò. E tu istruiscimi (Gb 42,4).




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