Lunedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario. Approfondimenti






APPROFONDIMENTI


Sapienza e stoltezza

Il sapiente vive fissando lo sguardo sul Cielo, è figlio del Padre, conosce se stesso e conosce il dono che costituisce la sua vita: sa che può essere vissuta solamente donandola, esattamente come è stata ricevuta. Il sapiente vive abbandonato all'amore provvidente di Dio; conosce per esperienza il valore di ogni istante quale scrigno di Grazie infinite, tra le quali può celarsi quella della Pasqua eterna, l'incontro con il suo Signore. Lo stolto teme di morire, vive tutto con cupidigia perchè è ancora nudo del peccato di Adamo e tutto, persone e cose, accaparra tentando maldestramente di coprirsi e sfuggire alla corruzione. Il sapiente ha conosciuto il perdono, lo stolto vive nel rimorso. Per il sapiente la vita, con i suoi beni e i suoi affetti, è segno del perdono e così diventa dono. Lo stolto progetta e si tormenta, e non trova mai pace, difendendo senza requie quei brandelli di vita che ancora gli restano tra le mani. Accogliamo oggi la Sapienza fatta carne, Cristo Gesù vittorioso sul peccato e sulla morte. Lasciamo che ci liberi e ci perdoni, e ci faccia figli della Sapienza, quella eterna della Croce, porta del Cielo sul quale fissare il nostro sguardo e il nostro cuore.



Benedetto XVI. L'uomo stolto

Nel Vangelo dell’odierna domenica, l’insegnamento di Gesù riguarda proprio la vera saggezza ed è introdotto dalla domanda di uno della folla: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13). Gesù, rispondendo, mette in guardia gli ascoltatori dalla brama dei beni terreni con la parabola del ricco stolto, il quale, avendo accumulato per sé un abbondante raccolto, smette di lavorare, consuma i suoi beni divertendosi e s’illude persino di poter allontanare la morte. «Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”» (Lc 13,20). L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza. L’uomo che confida nel Signore, invece, non teme le avversità della vita, neppure la realtà ineludibile della morte: è l’uomo che ha acquistato “un cuore saggio”, come i Santi. (Angelus di Domenica 1 agosto 2010)



San Basilio (circa 330-379), monaco e vescovo di Cesarea in Cappadocia, dottore della Chiesa 
Omelia 31 ; PG 31, 261 

Ammassare tesori per sé, o arricchire davanti a Dio?

«Che farò? Demolirò i miei magazzini». Perché mai avevano tanto fruttato, le terre di quell'uomo che avrebbe dovuto fare un uso così cattivo della sua ricchezza? Perché vedessimo manifestarsi con più splendore l'immensa bontà di un Dio che diffonde la sua grazia su tutti, perché «fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti, e sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni» (Mt 5,45)... Tali erano i benefici di Dio nei confronti di questo ricco: una terra feconda, un clima temperato, abbondante semina, buoi per l'aratura, e quanto assicura la prosperità. E lui, cosa rendeva in cambio? Cattivo umore, misantropia e egoismo. Così ringraziava il suo benefattore. Dimenticava che apparteniamo tutti alla medesima natura umana; non ha pensato che occorreva distribuire il suo superfluo ai poveri; non ha tenuto in nessun conto questi precetti divini: «Non negare un beneficio a chi ne ha bisogno, se è in tuo potere il farlo» (Pr 3,27), «Bontà e fedeltà non ti abbandonino» (3,3), «Dividi il pane con l'affamato» (Is 58,7). Tutti i profeti, tutti i sapienti gli gridavano questi precetti, ma lui faceva orecchio da mercante. I suoi magazzini cedevano, troppo stretti per il grano che vi si ammassava, ma il suo cuore non era sazio... Non voleva liberarsi da nulla, pur non riuscendo a immagazzinare tutto. Questo problema non gli dava tregua: «Cosa farò?» ripeteva. Chi non avrebbe pietà un uomo così ossessionato? L'abbondanza lo rendeva infelice...; si lamenteva come gli indigenti: «Che farò? Come nutrirmi, come vestirmi?»... Considera, uomo, colui che ti ha colmato dei suoi doni. Rifletti un po' su te stesso: Chi sei? Cosa ti è stato affidato? Da chi hai ricevuto questo incarico? Perché sei stato scelto? Sei il servo del Dio buono; hai la responsabilità dei tuoi compagni di servizio... «Che farò?» La risposta è semplice: «Sazierò gli affamati, inviterò i poveri... Voi tutti che mancate di pane, venite ad attingere i doni accordati da Dio che sgorgano come da una fontana».


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