Giovanni Paolo II. Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così numerosa?


Di fronte a scenari umanamente tanto complessi per l'annuncio del Vangelo, torna quasi spontaneamente alla memoria il racconto della moltiplicazione dei pani narrata nei Vangeli. I discepoli espongono a Gesù le loro perplessità riguardo alla folla, che affamata della sua parola lo ha seguito sin nel deserto, e gli propongono: « Dimitte turbas [...] Congeda la folla [...] » (Lc 9, 12). Hanno, forse, timore e non sanno davvero come sfamare un numero così grande di persone.

Un analogo atteggiamento potrebbe insorgere nell'animo nostro, quasi sconfortato dall'enormità dei problemi, che interpellano le Chiese e noi Vescovi personalmente. Occorre, in questo caso, fare ricorso a quella nuova fantasia della carità che deve dispiegarsi non solo e non tanto nell'efficienza dei soccorsi prestati, ma più ancora nella capacità di farsi vicini a chi è nel bisogno, permettendo ai poveri di sentire ogni comunità cristiana come la propria casa.294

Gesù, però, ha una maniera sua propria di risolvere i problemi. Quasi provocando gli Apostoli, dice loro: « Dategli voi stessi da mangiare » (Lc 9, 13). Conosciamo bene la conclusione del racconto: « Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste » (Lc 9, 17). Quell'abbondanza residua è presente ancora oggi nella vita della Chiesa! Donde, allora, noi Vescovi prenderemo il pane necessario per dare risposta alle tante domande, interne ed esterne alle Chiese e alla Chiesa? Ci verrebbe da lamentarci, come gli Apostoli con Gesù: «  Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così numerosa?  » (Mt 15, 33). Quali sono i «  luoghi  », da cui attingeremo le risorse? Possiamo almeno accennare ad alcune, fondamentali risposte.

La nostra prima, trascendente risorsa è la carità di Dio diffusa nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato (cfr Rm 5, 5). L'amore con cui Dio ci ha amati è tale da poterci sempre sostenere nel trovare le vie giuste attraverso cui giungere al cuore dell'uomo e della donna di oggi. In ogni istante il Signore ci dona, con la forza del suo Spirito, la capacità d'amare e d'inventare le forme più giuste e più belle dell'amore. Chiamati ad essere servitori del Vangelo per la speranza del mondo, noi sappiamo che questa speranza non proviene da noi, ma dallo Spirito Santo, il quale «  non cessa di essere il custode della speranza nel cuore dell'uomo: della speranza di tutte le creature umane e, specialmente, di quelle che “possiedono le primizie dello Spirito” e “aspettano la redenzione del corpo”  ».

L'altra nostra risorsa è la Chiesa, in cui siamo inseriti mediante il Battesimo con tanti altri nostri fratelli e sorelle, con i quali confessiamo l'unico Padre celeste e ci abbeveriamo all'unico Spirito di santità.297     Fare della Chiesa «  la casa e la scuola della comunione  » è l'impegno a cui ci invita la situazione presente, se vogliamo rispondere alle attese del mondo.298   Cristo Gesù è dunque l'icona a cui, venerati Fratelli nell'episcopato, guardiamo per svolgere il nostro ministero di araldi della speranza. Come Lui dobbiamo anche noi saper offrire la nostra esistenza per la salvezza di quanti ci sono affidati, annunciando e celebrando la vittoria dell'amore misericordioso di Dio sul peccato e sulla morte.


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