Cromazio di Aquileia. Grande la fede di questo lebbroso e perfetta la sua professione!


Grande la fede di questo lebbroso e perfetta la sua professione! Per primo, 
infatti, adorò, quindi disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mt 8,2-4). In ciò che 
egli adorò, mostrò di aver creduto a quel Dio che egli adorò, poiché la legge 
prescriveva che non si deve adorare se non un solo Dio. Quando, col dire: «Signore, 
se vuoi, puoi guarirmi» prega la sua onnipotenza e la natura della divina potestà sotto 
l’influsso della sua volontà affinché voglia soltanto il Signore, come rimedio, poiché 
sapeva che il potere della virtù divina, si sottometteva alla sua volontà. Per 
conseguenza poiché credette che al Figlio di Dio soltanto il volere significava (era) 
potere, e il potere, volere, per questo disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi».

      Non senza ragione, il Signore conoscendo l’animo devoto e fedele del lebbroso 
che credeva in sé, per confermare la sua fede subito lo ricompensò del dono della 
sanità, dicendo: «Lo voglio, sii guarito» (Mt 8,2-4). Quindi, «stendendo la mano, lo 
toccò. E istantaneamente la lebbra scomparve» (Mt 8,3).  E così facendo 
pubblicamente si dichiarò il Signore del potere assoluto come già aveva creduto il 
lebbroso. Immediatamente e come volle, la virtù del suo manifesta la sua volontà. 
Così, infatti, disse: «Voglio, sii guarito. E subito la sua lebbra scomparve». E Gesù 
gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va’, presentati al sacerdote, e poi fa’ 
l’offerta che Mosè prescrisse in testimonianza ad essi» (Mt 8,3-4). 
Il Signore comanda a colui al quale aveva guarito la lebbra e di presentarsi al sacerdote e di 
offrire sacrifici per sé prescritti nella legge. E in questo volle manifestare compiuti da 
sé i misteri (le adempienze) della legge, e accusare l’infedeltà dei sacerdoti, affinché 
constatando il lebbroso guarito che  né la legge, né i sacerdoti avevano potuto 
mondare, o credessero che Egli era il Figlio di Dio e riconoscessero che Egli stesso 
era il padrone della legge; a causa della giustizia e della fede del lebbroso e della 
testimonianza della sua stessa opera, ricevessero la condanna della loro infedeltà.

       Chi, infatti, avrebbe potuto col potere della propria virtù guarire il lebbroso, che 
la legge non poté mondare, se non colui che è il padrone della legge, e che è il 
Signore di tutte le virtù, del quale leggiamo scritto: «Il Signore delle virtù è con noi 
chi ci accoglie è il Dio di Giacobbe» (Ps 45,8-12), anche prima che fosse mondato, 
credette con religiosa professione di fede che il Figlio di Dio era Dio; i sacerdoti, 
invece, neppure dopo il prodigio della divina virtù vollero credere.  In verità se 
(riusciamo a capire) comprendiamo che per questo il Signore aveva comandato a 
colui che aveva liberato dalla lebbra, affinché offrisse sacrifici prescritti nella legge 
per sé, mostrasse con questo che egli era l’autore del precetto dato, e per gli stessi 
misteri adempiuti nella verità, che erano stati in antecedenza manifestati come figure. 


(Cromazio di Aquileia, In Matth. Tract., 38, 10)



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