Silvano Fausti. Tendi la mano


Il sabato è per l’uomo significa che Dio è tutto per l’uomo. Egli
ci offre il suo “pane”, la sua vita: se stesso. È Gesù il campo di
grano  che mangiamo! Dio, lo Sposo, ci offre di vivere di lui, del
suo amore. Di più non può darci. Solo ci apre la mano, per
accoglierlo e donarlo.
Cosa vuol dire che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo
per il sabato? Che “pane” mangiamo noi cristiani?
Che cosa è per me la mano chiusa e il cuore indurito? Perché
aprirci il cuore e la mano costa la vita a Gesù?


Con questa sera si chiude la prima sezione del Vangelo di
Marco. Abbiamo visto in questa sezione, dopo la parte
introduttoria, il Battesimo e le tentazioni, cosa fa Gesù, il suo
programma e la sua parola che ci libera dal male, Gesù che ci dona il
suo Spirito che è Spirito di amore e con questo libera la nostra vita
dalla lebbra e dalla morte, ci riconcilia, ci fa camminare, ci fa andare
verso casa e in questa casa noi peccatori accogliamo lui, mangiamo
con lui - mangiare vuol dire vivere - addirittura mangiamo di Sabato,
cioè viviamo di Dio. Ci fa il dono della sua vita. Ci dona il Suo Spirito.
Qui siamo arrivati l'altra volta.
Ora il problema di ogni dono è che esso può essere fatto solo
a due condizioni:

- la prima condizione è che uno lo conosca, perché se uno
mi avesse donato diecimila miliardi e io non sapessi che
me li ha donati e sono sulla banca, io potrei morire di
fame e i diecimila miliardi non esisterebbero; primo
problema è dunque conoscere che c'è questo dono;


- seconda è aver la capacità di usarlo; cioè se uno mi fa un
dono e non ho le mani per poterlo prendere e usare, il
dono cade per terra. Quindi la capacità di accogliere il
dono.

Può sembrare strano, ma la cosa più difficile per l'uomo - ed
è la cosa fondamentale - è saper accettare il dono. Noi abbiamo la
mano chiusa, il cuore chiuso, non sappiamo accogliere.
Noi vogliamo vivere come gli uomini della legge, cioè vivo di
quello che mi guadagno. Vivo di quello che faccio io. Ora questo in
certa misura va anche bene. Però c'è qualcosa che io non guadagno
e non faccio e se lo guadagno non esiste: è l'amore dell'altro che, se
è guadagnato, non è amore.
Non va pagato l'amore dei genitori, non va pagato l'amore del
coniuge, tanto meno va pagato l'amore di Dio; se no, con che cosa
lo pago? Dando la vita?  Allora il problema è come accogliere
gratuitamente il dono.
E ciò che ci fa accogliere il dono è il desiderio. L'uomo
normalmente desidera soltanto quelle cose che può fare, ma quelle
è inutile desiderarle. "Desidererei suonare il piano...", sarebbe
meglio che mi mettessi a imparare a suonarlo se voglio. Se lo
desidero, lo devo fare. Il vero desiderio riguarda quelle cose che io
non so fare e che l'altro mi dà; desidero che l'altro mi voglia bene:
questo non lo posso fare io, lo può fare solo l'altro. Io posso solo
accoglierlo. Questo vale di ogni relazione. L'uomo vive di relazioni e
le relazioni tu puoi solo accoglierle, desiderarle.  Cioè avere il cuore
aperto ad accoglierle, non il cuore chiuso.
È problema allora di vita o di morte avere il cuore che accoglie
o non accoglie, avere la mano aperta invece che la mano chiusa nel
possedere.
Questo è il senso generale del brano.


E Gesù, dopo aver fatto tutti i miracoli in cui dice ciò che ci
vuol donare,  qui fa il grande miracolo: aprirci la mano per
accogliere il dono.
Perché se Lui ci vuole fare il dono, ma la nostra mano non sa
accoglierlo, allora è inutile. Questo è il miracolo ultimo di questa
serie, miracolo che gli costerà la vita, perché decidono di ucciderlo.
Ed entrò di nuovo nella sinagoga, e c’era lì un uomo che aveva la
mano essiccata.

E lo osservavano se lo avrebbe curato di sabato
per accusarlo.
E dice all’uomo che aveva la mano essiccata:
Destati, nel mezzo!
E dice loro: È lecito di sabato fare il bene o 
fare il male, salvare una vita o ucciderla?
Ma essi tacevano. E 
guardandoli intorno con ira, contristato per la durezza del loro 
cuore, dice all’uomo: Tendi la mano! E la tese e fu ristabilita la sua 
mano.
E, usciti, i farisei subito con gli erodiani tenevano consiglio 
contro di lui come farlo perire.

Questo miracolo è molto importante, perché gli costa
addirittura la vita.
Questo miracolo è decisivo.
Prima faccio osservare qualcosa sul testo che può essere
utile.
Provate ad osservare gli elementi del racconto: sono tutti
elementi estremamente semplici, ma significativi: la sinagoga è
l'ambiente, poi un uomo, questa mano, gli occhi: osservano; poi il
tempo: è giorno di Sabato; poi la Parola che Gesù dice; il silenzio, il
cuore, la durezza di cuore. Sono tutti elementi estremamente
semplici, dove al centro sta un uomo con la mano essicata.
La mano è importante perché possiamo dire che  la mano è
ciò che fa l'uomo simile a Dio. Perché Dio ha fatto il mondo e
l'uomo con la mano continua la creazione. Cioè, la mano sostituisce
il morso dell'animale, che prende e mangia - è l'unica cosa che sa
fare l'animale; al massimo ha l'artiglio per afferrare la preda  -

l'uomo invece con la mano non è che prende e mangia  -
normalmente sì, ma non è tutta qui la funzione della mano  - la
funzione della mano è quella di aprirsi e accogliere. Tutto quello
che c'è noi lo accogliamo: le cose, le persone, la vita, noi stessi,
siamo un dono.
Prima cosa è dunque accogliere.
Secondo:  la mano lavora, elabora, costruisce, modifica,
vivifica, tutto quel che si vede è frutto della mano dell'uomo, anche
Milano, sia bella sia brutta, decidano i milanesi, comunque è frutto
della mano dell'uomo.
E dopo la mano può donare.
Ora  il ricevere, l'elaborare, il donare, sono anche le
caratteristiche della Trinità.
Il Figlio tutto riceve; fa le stesse cose del Padre e tutto sa
dare, come il Padre.
Questa sarebbe la funzione della mano che ci rende divini.
Pensate se ci fosse un mondo dove noi invece di rubare
accogliamo i doni; pensate  che in un mondo dove invece di
strapazzare la realtà la costruiamo positivamente come ha fatto Dio,
invece che distruggere la creazione elaborarla, portarla a
compimento; e pensate se la nostra mano invece che possedere si
aprisse al dono, alla condivisione; questa è la vita, è questione di
vita o di morte. È questo il tema centrale del brano.
Lui è venuto appunto ad aprire la nostra mano per accogliere
il dono, poi per vivere di questo dono.

Ed entrò di nuovo nella sinagoga, e c’era lì un uomo che aveva la 
mano essiccata.

Abbiamo già trovato Gesù nella sinagoga dove stava
tranquillamente un demonio  - infatti il male sta tranquillo fino a

quando non interviene il bene  - così ora pure nella sinagoga c'è
questo uomo che ha la mano essicata, la mano secca, chiusa.
La mano che è incapace di aprirsi è una mano morta. Il
peccato di Adamo fu quello di prendere e tenere ciò che era donato,
cioè di rubare. Questa mano morta rappresenta l'umanità ormai
spenta perché tutto il suo istinto è possedere; possedere è
distruggere; e poi non desidera altro, non può più accogliere nessun
dono, nessuna vita.
Mi aveva colpito una cosa in Africa: a noi basta vedere una
vipera per star male. Lì invece le vipere come le nostre sono
considerate come da noi poco più che le zanzare. Mentre se
vengono morsi da quelle mortali, normalmente non muoiono, ma gli
si secca la mano.  Rimane la mano seccata, inaridita.
Ecco, penso che l'immagine non sia a caso. La mano
dell'uomo è inaridita da quando è stata morsa dal serpente. Cioè il
veleno,  il sospetto che Dio non ci ami, quindi non possiamo
accogliere i suoi doni, ma dobbiamo rubarli, è questo il principio
della nostra mano secca.
Aggiungerei sulla funzione della mano: anche la mano come
strumento di conoscenza; la mano può manovrare un oggetto,
sentire di che materiale è fatto, capirne la forma; quindi una mano
essicata è una mano incapace di svolgere questa funzione; può solo
afferrare, ma non ha più la sensibilità di questa conoscenza e quindi
significa una relazione che si è interrotta, una relazione falsata.
Pensate quindi all'immagine che rappresenta un uomo che
non tocca, non entra in comunione, non conosce, non riceve, non
elabora, non dà.
È l'uomo morto.
Quindi il simbolo di questa mano è molto evidente.
Nella sinagoga, dove si vive della legge, ogni religiosità della
legge è questa mano morta. Vivo di quel che faccio io. Non vivo del

dono, non so donare, non ricevo la vita, da me non fruisce la vita,
vivo della fatica.
"La vita è mia, la gestisco io!" No, grazie a Dio non è mia.  È
dono. Ed è gestita molto insieme.

E lo osservavano se lo avrebbe curato di sabato per accusarlo.

È interessante - spiega dopo - che coloro che lo osservavano
erano i suoi nemici, i farisei.
C'è un guardare,  ci sono diversi modi di guardare: anche
Gesù vede questo paralitico. E anche questi vedono. C'è un
guardare per accusare, oppure un guardare che lascia entrare nel
cuore e fa intervenire positivamente. C'è un guardare che è un
uccidere e c'è un guardare che dà la vita. Vedete come gli elementi
narrativi del racconto sono semplici: mano, occhi, molto significativi.
Per accusarlo.
Erano sicuri che l'avrebbe guarito. Ma di Sabato non si
possono fare neanche i miracoli, per questo non ne facciamo di
Sabato, non chiedeteli, neanche negli altri giorni! però vorremmo
che avvenisse in tutti noi il miracolo di aprire la mano, questo sì, e di
aprire il cuore.

E dice all’uomo che aveva la mano essiccata: Destati, nel mezzo!

Se notate, lui ha la mano essiccata e questi hanno gli occhi e il
cuore secco.
Se questo ha la mano che non comunica,  e che non tocca,
quelli hanno gli occhi dai quali esce solo la morte, l'accusa. E di fatti
poi decideranno di ucciderlo.
E Gesù, invece, dice:  "svegliati" a quell'uomo. La parola
"svegliati" vuol dire risuscitare.  È la stessa che si usa nella
risurrezione, il risveglio. Perché esattamente quello che avverrà a
quest'uomo è la resurrezione. È il guarire la mano la resurrezione, è
il passare dalla morte alla vita.

"E mettiti nel mezzo".
Proprio Gesù vuole evidenziare la scena  - avrebbe potuto
guarirlo anche in silenzio  - e fa come una provocazione, perché?
Perché il problema non è questo della mano secca, poverina! il
problema è che questa mano secca è semplicemente l'aspetto
visibile del cuore secco, degli occhi secchi dell'altro. E allora lo pone
nel mezzo perché ognuno si veda in lui. Anche lui ha la mano secca,
eppure gliela apro. Anche voi avete il cuore duro, se volete, potete
aprirlo.
Vorrei accentuare questo cattivo sguardo, questo osservare
per accusare che è la resistenza, l'opposizione di chi vive nella legge
di fronte alla possibilità che ciò che è impossibile alla legge si
realizzi, cioè il Sabato, il dono totale o la pienezza di vita. Come
qualcosa che sfugge. Quindi proprio quel Sabato che era il ricordo
della liberazione, del dono della terra, del dono della discendenza,
dentro questo dono che doveva essere la celebrazione della vita, c'è
questo sguardo che invece è di morte.
Ancora una cosa su questo "mettiti nel mezzo": normalmente
quando uno ha un male o un difetto, giustamente cerca anche di
nasconderlo. Davanti a Dio poi noi  - se siamo coscienti dei nostri
mali - giustamente, ci poniamo un po' riverniciati quando possiamo,
presentando i nostri titoli per accedere a Dio.
Il male più o meno cerchiamo di nasconderlo a noi e agli altri.
E ci fa più male. Gesù invece dice: no, mettilo pure nel mezzo. Sono
le nostre debolezze il luogo fondamentale di comunione con Dio e
fra di noi, non la nostra forza. La nostra forza è il luogo dove
ammazziamo gli altri. La nostra debolezza è il luogo dove li
accogliamo, se non altro, perché non riusciamo ad ammazzarli.
La debolezza ha una forza più grande di ogni forza, ha la
forza di Dio la debolezza! E quando uno poi vuol bene è
estremamente debole: questa è la sua forza.

Non prevarica più su nessuno. Quindi l'evidenziare questa
debolezza, il metterla in mezzo è interessante.
Al centro della sinagoga non c'è la legge, l'osservanza, l'esser
bravi, ma c'è la nostra debolezza; siamo tutti peccatori, perdonati
grazie a Dio!
E ciò che ci fa stare insieme è il fatto che siamo tutti uguali,
siamo tutti figli di Dio amati e perdonati e possiamo essere molto
tolleranti con gli altri, perché Dio è tollerante con noi.
Il male è qualcosa che inizialmente ci divide. Una volta fatto, il
male è il luogo che ci unisce, se vissuto giusto.
Il male ti fa morire, se poi è preso bene è luogo di
risurrezione.
Di una vita nuova più profonda.
Questo mettere in mezzo questo uomo corrisponde anche a
un gesto che si faceva nella sinagoga, dove si leggevano i rotoli che
contenevano la Parola, mettendola al centro dell'assemblea o
comunque in una posizione che desse risalto. Ecco allora che la
Parola di Dio opera qui, coincide con questo gesto con questa
posizione, lì dove c'è la nostra debolezza, la Parola di Dio agisce,
arriva.

E dice loro: È lecito di sabato fare il bene o fare il male, salvare 
una vita o ucciderla?

Queste parole di Gesù contengono molti misteri: cerchiamo di
capirne qualcuno. Il primo, dall'esterno: è lecito salvare una vita o
ucciderla di Sabato?
Punto primo: la mano non è questione di vita o di morte. E
invece no, è questione di vita o di morte questa mano. Perché  la
mano che si apre è la vita, la mano che resta chiusa è la morte.
Quindi il problema è molto serio.

Secondo: perché Gesù non poteva aspettare Lunedì a farlo.
No, perché quando proprio si apre la mano è Sabato, è festa. Per
questo lo fa di Sabato. Viene il giorno di Dio quando apriamo la
mano! Viviamo da Dio!
Quindi è Sabato quando avviene questo miracolo. È il Sabato
definitivo, cioè l'uomo che diventa uguale al Padre, che sa amare, sa
ricevere con amore, lavorare e collaborare.
Quindi non è per far dispetto che lo fa di Sabato. È altamente
simbolico che sia di Sabato! È sempre festa quando uno ha la mano
aperta e il cuore aperto. Se no, non è mai festa!
E poi Gesù dice: fare il bene o fare il male. Ecco: il problema
fondamentale della legge è il bene e il male. È chiaro che non è mai
lecito fare il male. Quindi la domanda è retorica. In che cosa
consiste fare il bene o fare il male?  Fare il bene e il male non è delle
cose, è il fare dell'uomo; perché questa biro non è nè bene nè male:
se la uso per scrivere una cosa buona è bene, se la uso per scrivere
un insulto è male, se la uso per metterla nell'occhio di chi mi sta
davanti è peggio.
Quindi non è la cosa in sé buona o cattiva, è l'uso che ne fai.
Quindi è il fare che è bene e male, non sono le cose, le cose sono
tutte buone, è il nostro fare. E il nostro fare dipende dal nostro
cuore. Se il cuore è chiuso come la mano è chiusa, allora ogni nostro
fare è cattivo. Anche il bene diventa male, nel senso che faccio il
bene per dominare l'altro, per sentirmi qualcuno, per prevalere. È il
modo più sottile per prevaricare.
Quindi il problema del bene e del male è chiedermi: il mio
cuore è aperto o chiuso?  Il cuore che è aperto, il cuore che è
nell'amore, è nella gioia, sa ricevere e sa dare, fa il bene; il cuore
che è chiuso, che è cattivo, fa il male.
Lo dice chiaramente Gesù al capitolo 7:  È dal cuore che
vengono tutte le cose cattive! E anche quelle buone!

Quindi il problema è vedere com'è il nostro cuore. Ed è nel
nostro cuore che riconosciamo il bene e il male, non nelle cose.
Poi, nelle cose, chiaramente vedi il risultato, ma quello è il
risultato! Cioè: se qui c'è una casa è perché qualcuno aveva in testa
e voglia di far su una casa, se non l'avesse avuta in testa e nel cuore,
non ci sarebbe.
Quindi il fatto che ci sia un'azione e che tipo di azione questa
sia, se sia per la vita o per la morte, dipende dal cuore.
Sarà bene è se è per la vita, per salvare la vita; sarà male  se è
per la morte. Ciò che porta alla morte, alla schiavitù, o alla chiusura
è male. Ciò che porta alla vita, alla libertà e all'amore è bene.  È
questo il criterio, che già riconosco nel mio cuore.
Poi mi posso sbagliare, allora verificherò anche nell'azione,
ma lo sento già prima. Se agisco per ira, per vendetta, per rancore,
per cattiveria, per reazione oppure per solidarietà, per
compassione, per tenerezza, lo so già nel mio cuore.
Addirittura i criteri fondamentali più semplici sono la gioia e la
pace o la tristezza e l'inquietudine.
Il bene è quello che nasce da gioia e pace. Anche nelle
difficoltà. Il male nasce sempre dalla tristezza e dall'inquietudine,
anche se per caso faccio cose buone.  Le faccio magari con spirito
masochistico o sadico.
Su queste cose magari torneremo, ma sono importanti.
Perché il principio del bene e del male è questo mano chiusa, è
questo cuore chiuso.
Che poi si riflette negli occhi per giudicare, per accusare. E poi
nel silenzio, nel non dialogo.

Ma essi tacevano.

E ci fermiamo su questo, perché Gesù parla molto poco in
genere, qui parla per ben tre volte e loro tacciono. È interessante: la

mano chiusa; il cuore chiuso; l'occhio per giudicare e per accusare;
invece di rispondere tacciono; il silenzio; la mancanza di dialogo.
E poi decidono di uccidere.
C'è tutta una consequenzialità.
Non vorrei fare l'avvocato difensore di queste persone, ma mi
dicevo: come mai, come funziona questo meccanismo, come si
innesca questa resistenza? Si può dire che c'è un fare che pretende
appunto di darci tutto quello di bene che desideriamo, un fare
appunto che pensiamo possa soddisfare i nostri desideri più
profondi. E questo però presto si manifesta come una illusione. Però
non ci stanchiamo di tentare e riteniamo impossibile ogni altra
soluzione. Da una parte la voglia, la pretesa di farcela, dall'altra la
difficoltà, la impossibilità ad arrivarci, la chiusura per la paura che
però questo possa in qualche modo diventare possibile.
E quindi è vero siamo giustificati. Gesù ci provoca ad uscire da
questa chiusura attraverso la parola.
Vediamo adesso le reazioni di Gesù.

E guardandoli intorno con ira, contristato per la durezza del loro 
cuore, dice all’uomo: Tendi la mano! E la tese e fu ristabilita la sua 
mano.

Gesù guarda in giro: in greco è periscopene, periscopio. Cioè a
360 gradi. Sono interessanti questi sentimenti di Gesù - Marco con
molta sobrietà li annota (abbiamo visto "con compassione" con il
lebbroso, abbiamo visto Gesù che si meraviglia della fede - un altro
sentimento); qui vediamo due sentimenti contrapposti: ira e
tristezza. Ed è bello che ci siano tutti e due, poi vedremo anche altri
sentimenti, quali paura e angoscia, oltre che gioia. Qui c'è ira e
tristezza.  Sembrano sentimenti contradditori: è arrabbiato o triste?
Sono due sentimenti, per noi sono contradditori. Sarebbe bene che
ci fossero insieme. E spiego: ira per il male, tristezza per chi è nel
male. Ma vera ira per il male. Noi invece, deflettiamo in tristezza e

non reagiamo contro il male, oppure ci arrabbiamo contro chi ha
fatto il male distruggendo anche chi l'ha fatto, poverino, che è la
prima vittima. Qui invece c'è ira per il male e tristezza per loro che
hanno il cuore duro.
Così, se vuoi bene a una persona, davvero il suo male ti dà
fastidio, ti fa arrabbiare. Però non t'arrabbi con lui, con lui senti
compassione, tristezza, ti fa pena, lo senti tu. Non so se capite, non
c'è la semplice remissività. Non solo mi dispiace, ma anche mi
arrabbio, però non contro la persona, contro il male. C'è
un'animosità contro il male, che è giusta, se no, si rimane sempre
nel proprio guscio, tranquilli, però c'è una tristezza che fa sì che non
è che se la prenda con chi è nel male, ma gli dispiace. S'arrabbia
perché gli dispiace. Ci sono vari tipi di reazione, qualcuno reagisce in
modo diverso, chiaramente. Dipende dal suo temperamento, ma è
interessante. Ha i due temperamenti opposti, ha sia la durezza
contro il male, sia la tenerezza e la sofferenza per chi lo fa.
La durezza che noi esercitiamo nei confronti di chi fa il male, a
differenza di Gesù che prova questa tristezza, certamente è dovuta a
un sentimento di impotenza, allo smarrimento che noi proviamo. Ma
anche qui la situazione è come quella della mano essicata: come si
fa a superare questa impotenza? Aprendo a che cosa? Al perdono.
Se noi sappiamo che c'è qualcosa che può risanare questo male ed è
la misericordia, allora ci contristiamo, ci arrabbiamo con il male, ma
siamo tristi per chi lo fa, però già sapendo che non è qualcosa di
assoluto, tutto viene distrutto, tutto si nientifica.
E poi l'oggetto, ora viene fuori, è la durezza di cuore. E questa
durezza di cuore verrà fuori altre volte nel Vangelo. In greco il
termine vuol dire cuore calcificato, il cuore di pietra. Cos'è un cuore
di pietra? È un cuore che non sa amare, che non sa vivere, c'è tutta
una tradizione profetica sul cuore di pietra: vi toglierò il cuore di
pietra e vi darò un cuore di carne. L'uomo col cuore di pietra non
vive, è l'uomo piatto, con il cardiogramma piatto. L'uomo vive

perché sente, perché ama. C'è questa durezza di cuore che dipende
dalla paura, che blocca. Non è mai la cattiveria che ci blocca è
sempre la paura che ci irrigidisce cadavericamente. Questo cuore è
già morto.
Allora Gesù è venuto a guarire questo cuore, a ridare i
desideri a questo cuore, come è venuto a riaprire la mano di
quest'uomo.
E dice all'uomo: tendi la mano. Vorrei farvi notare la cosa più
assurda: a uno zoppo dice:  cammina! E bravo, questo è il mio
problema! Alla mano secca,  stendila: eh bravo, come faccio? al
morto: risorgi; eh bravo! Se notate, dà un ordine impossibile.
Esatto. È questo impossibile di cui ha bisogno l'uomo!
Ciò che a noi pare impossibile, in realtà non è impossibile,
perché aggiunge: "e la sua mano fu ristabilita".
E ristabilire, vuol dire ristabilita come era prima, in greco vuol
dire ritornata com'era la principio.
Perché noi siamo fatti per essere figli di Dio! È solo la paura
che ci ha bloccati. Se ti svegli, ti muovi, sei sveglio. Siamo
cadavericamente rigidi per la paura. Ma basta svegliarci dalla paura
e ci muoviamo. È la paura che ci chiude.
Allora tutti i miracoli di Gesù sono per liberarci dalla paura,
per ridarci desideri che ci fanno uomini.  Desideri che ci fanno
uomini sono: piedi che camminano, occhi che vedono, orecchie
che sentono, bocca che parla, mani che toccano, vita che vive,
cuore che ama. È venuto, attraverso il miracolo, a farci vedere che è
possibile, se lo vuoi, è possibile per te avere questo cuore. A liberare
i desideri dell'uomo, che l'uomo ormai aveva spento nelle paure.
A proposito di paura notavo che appunto forse questa è una
esperienza che facciamo nella nostra cultura, nel nostro tempo, che
è proprio legato al fatto dell'avere fatto tanto, del fare tanto e

quindi di possedere tanto. E quindi la paura di perdere e non invece
la presenza di un desiderio che è di qualcosa apparentemente
impossibile, di cui siamo sicuri che ci sarà la realizzazione. E questo è
il contrario della paura.
6
E, usciti, i farisei subito con gli erodiani tenevano consiglio contro
di lui come farlo perire.
Se voi notate questo miracolo è fatto di Sabato, stanno lì a
guardare per accusarlo, perché di Sabato non è lecito guarire o
curare. Questa è l'ultima delle cinque discussioni contro la legge.
Gesù sostituisce alla legge il Vangelo.
La buona notizia che non è ciò che fai tu, ma ciò che Dio ti
dona, la vita e la salvezza, non è il tuo dovere, ma è l'amore di Dio
per te che ti salva.
A conclusione di questa ultima discussione, il risultato è che io
farisei, che rappresentano i tutori della legge, sono gli esperti della
legge e gli erodiani, che sono quelli che detengono il potere, si
alleano. Legge e potere si alleano per uccidere la libertà del
Vangelo.
Quindi qui già si delinea il destino di Gesù: sarà ucciso dalla
legge e dal potere.  Che sono le due forme fondamentali di paura
dell'uomo: la legge con cui controlla, il potere che gli dà il controllo
effettivo.
Sono i due motivi della durezza di cuore: l'uomo ha il cuore
duro perché è chiuso dentro la legge e il potere, il possesso.
Chiuso. Non sa amare, non sa donare, non sa vivere.
E Gesù porterà sulla croce la maledizione della legge e del
potere e proprio così ci libererà dalla legge e dal potere. Perché il
nostro Dio è uno che è stato ucciso dalla legge e dal potere, per cui
non c'è più legge o potere che tenga!

Perché per ben che vada la legge o il potere uccide Dio, ma è
fallimentare, perché risorge Dio. E ciò che domina ormai è la libertà
e l'amore. E quindi Gesù proprio morendo in croce aprirà la nostra
mano e il nostro cuore.
Perché ci mostra che se anche lo mettiamo in croce, dice: va
bene, io ti voglio bene lo stesso e faccio lo stesso... E si rivela come
Dio di libertà e di amore.
E qui si chiude la prima sezione del Vangelo che contiene
queste cinque discussioni sulla legge e dove si propone il Vangelo. Il
Vangelo che è fondato su questa libertà assoluta fino a saper dar la
vita facendo vivere gli altri. Gesù in fondo è il primo figlio che ha la
mano aperta, tutto riceve, tutto trasforma, tutto  dona come il
Padre e dà a noi questa stessa capacità.
Come si fa a guarire progressivamente da questa mano
chiusa, da questo occhio, da questo cuore?
Essi tacevano.
Incominciando ad ascoltare e rispondere a quel che si
ascolta. Sentendo questo brano il cuore mi ha detto qualcosa.
Cominciamo a rispondere a quel poco che abbiamo sentito. Si
intesse un dialogo che lentamente mi rivitalizza.
Mentre invece posso tacere: questo è uccidere, non
ascoltare.
Per cui c'è anche l'orecchio. Di fatti il principio della
guarigione è sempre l'orecchio.
È nel Vangelo: l'uomo guarisce attraverso l'orecchio. Perché?
Perché il veleno dell'uomo è la parola. La parola di menzogna che ha
udito gli ha chiuso l'orecchio, e quindi chiusa la bocca, non risponde,
chiuso il cuore, gli fa vedere male la realtà, gli fa operare male con la
mano. L'orecchio lentamente cambia.

Di fatti ci sarà il miracolo della guarigione dell'orecchio, più
avanti. E dopo quello dell'occhio, perché, guarito  l'orecchio,
l'orecchio guarisce l'occhio.
Cioè quando capisci diversamente vivi diversamente, sei
illuminato.
Quindi il principio anche per questa sera: cominciamo a
sentire quel che abbiamo sentito e a dialogare con quello: è il
principio di guarigione del cuore duro. La durezza è la morte.
"Apri la mano"! È una vita che l'ho chiusa! Aprila!
E ascoltando, questo ascolta e lo fa.
A me di questo brano colpisce la bellezza molto elementare:
occhi, mani, orecchio. bocca, cioè le cose primordiali danno un
messaggio così profondo a ogni uomo, anche il più semplice. E a noi
ancora dopo duemila anni, ascoltando il racconto, questo brano ha
qualcosa da dirci. Mettiti nel mezzo con le tue secchezze, le tue
aridità, aprile, quel poco che puoi, ascolta e reagisci a questo.
Comincia a liberare questi tuoi desideri vedendo questa scena,
questa scena ci fa da specchio e ci provoca.
Il tema della mano tesa è un tema biblico importante: è Dio
che opera con la mano tesa. Quest'uomo diventa divino con la sua
mano tesa.  È la potenza di Dio che è nella sua mano, proprio in
quella lì morta, non nell'altra. L'altra è una mano qualunque, questa
è la "mano tesa"; l'altra è la mano che tenderà a chiudersi; proprio
questa che era malata. Quindi non è secondario riconoscere il male,
metterlo nel mezzo e lì ricevere il dono, la Parola.
Anche riconoscere le proprie durezze di cuore ci fa bene.
Anche nelle relazioni si sperimenta la durezza di cuore. È un errore
mio, posso difendermi dicendo: sbaglia l'altro, ed è interessante
riconoscere, perché riconoscere è il principio di questo dialogo, lo
metto nel mezzo,  e lo distendo alla misericordia di Dio.

Quest'uomo poteva stare lì tranquillo e tirare fuori l'altra
mano, una mano basta! Poi abituato ad agire con una mano, fin da
piccolo, sempre! Il vero problema è un altro. Il primo miracolo col
lebbroso, si dice: se tu vuoi puoi mondarmi. Come, se vuoi?  Io lo
voglio.  Il problema è se lo vuoi, perché se tu non vuoi esser
mondato, io non posso mondarti. Se non voglio ricevere il dono,  Lui
non me lo può fare, anche se lui me lo fa. Quindi il problema è se
voglio io, non se vuole Lui. Il vero miracolo è liberare la mia volontà
di guarire, la mia volontà di ricevere. Allora è Sabato! Mi apre la
mano, mi apre il cuore, mi rende capace di ricevere, cioè di vivere.



















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