Raniero Cantalamessa. Ogni tralcio che porta frutto, lo pota


“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”. Nel suo insegnamento, Gesù prende spesso lo spunto da cose famigliari agli ascoltatori e che erano sotto gli occhi di tutti. Questa volta ci parla con l’immagine del tralcio e della vite.

Gesù prospetta due casi. Il primo negativo: il tralcio è secco, non porta frutto, viene perciò tagliato e buttato via; il secondo positivo: il tralcio è ancora vivo e vegeto; viene perciò potato. Già questo contrasto ci dice che la potatura non è un atto ostile verso il tralcio. Il vignaiolo si attende ancora molto da esso, sa che può portare frutti, ha fiducia in esso. Lo stesso avviene sul piano spirituale. Quando Dio interviene nella nostra vita con la croce, non vuole dire che egli è adirato con noi. Proprio il contrario. Ma perché il vignaiolo pota il tralcio e fa “piangere”, come si usa dire, la vite? Per un motivo molto semplice: se non viene potata, la forza della vite si disperde, metterà forse più grappoli del dovuto, con la conseguenza di non riuscire a portarli tutti a maturazione e di abbassare la gradazione del vino. Se resta a lungo senza essere potata, la vite addirittura si inselvatichisce e produce solo pampini e uva selvatica.

Lo stesso succede nella nostra vita. Vivere è scegliere e scegliere è rinunciare. La persona che nella vita vuole fare troppe cose, o coltiva un’infinità di interessi e di hobby, si disperde; non eccellerà in nulla. Bisogna avere il coraggio di fare delle scelte, lasciar cadere alcuni interessi secondari per concentrarsi su alcuni primari. Potare! Questo è ancora più vero nella vita spirituale. La santità somiglia alla scultura. Leonardo da Vinci ha definito la scultura “l’arte di levare”. Tutte le altre arti consistono nel mettere qualcosa: colore sulla tela nella pittura, pietra su pietra nell’architettura, nota su nota nella musica. Solo la scultura consiste nel levare: levare i pezzi di marmo che sono di troppo per far emergere la figura che si ha in mente. Anche la perfezione cristiana si ottiene così, levando, facendo cadere i pezzi inutili, cioè i desideri, ambizioni, progetti e tendenze carnali che ci disperdono da tutte le parti e non ci permettono di concludere nulla. Un giorno Michelangelo, passeggiando in un giardino di Firenze, vide, in un angolo, un blocco di marmo che sporgeva da sottoterra, mezzo ricoperto di erba e di fango. Si fermò di scatto, come se avesse visto qualcuno, e rivolto agli amici che erano con lui esclamò: “In quel blocco di marmo c’è racchiuso un angelo; debbo tirarlo fuori”. E, armatosi di scalpello, cominciò a sbozzare quel blocco finché non emerse la figura di un bell’angelo. Anche Dio ci guarda e ci vede così: come dei blocchi di pietra ancora informi e dice tra sé: “Lì dentro c’è nascosta una creatura nuova e bella che aspetta di venire alla luce; di più, c’è nascosta l’immagine del mio stesso Figlio Gesù Cristo (noi siamo destinati a diventare “conformi all’immagine del Figlio suo”); voglio tirarla fuori!”. E allora che fa? Prende lo scalpello che è la croce e comincia a lavorarci; prende le forbici del potatore e comincia a potare. Non dobbiamo pensare a chissà quali croci terribili. Ordinariamente egli non aggiunge nulla a quello che la vita, da sola, presenta di sofferenza, fatica, tribolazioni; solo fa servire queste cose alla nostra purificazione. Ci aiuta a non sciuparle.




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