Martedì della XX settimana del Tempo Ordinario


Chi potrà mai liberarsi dai suoi modi di agire e dalla sua bassa condizione, 
se non sei tu, mio Dio, a sollevarlo fino a te nella purezza del tuo amore? 
Come potrà elevarsi fino a te l’uomo generato e formato nella bassezza, 
se non lo sollevi tu, o Signore, con la stessa mano con la quale l’hai creato?  
Perché indugi tanto, se già ora puoi amare Dio nel tuo cuore? 
Miei sono i cieli e mia la terra, mie sono le genti, 
miei sono i giusti e miei i peccatori; 
gli angeli sono miei e mia è la Madre di Dio, tutte le creature sono mie. 
Dio stesso è mio e per me, perché Cristo è mio e tutto per me
E allora, cosa vuoi, cosa cerchi ancora, anima mia? 
Tuo è tutto questo ed è tutto per te. 
Non ti abbassare al di sotto di questo 
e non accontentarti delle briciole che cadono dalla mensa del Padre tuo. 
Va’ e gloriati della tua gloria; nasconditi in essa e godila, 
così saranno esauditi i desideri del tuo cuore.

San Giovanni della Croce




Dal Vangelo secondo Matteo 19,23-30. 

Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli».
A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?».
E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».
Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?».
E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.
Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».


Il commento

La "salvezza" è l' "impossibile all'uomo" che Dio rende "possibile". Con le parole di oggi, Gesù priva di forza ogni moralismo e ogni pelagianesimo, rivelando al contempo la friabilità di ogni morale laica. L'orizzonte che attende ogni uomo è il Regno dei Cieli, non un regno che trasformi ideologicamente la terra in Cielo; la salvezza è entrarvi, e non può essere il frutto degli sforzi umani. Si tratta di pura gratuità; all'uomo carnale piegato orgogliosamente su se stesso, purtroppo essa riesce terribilmente indigesta. Come al "giovane" che se ne va "triste" perché "aveva molti beni", che offre a Gesù il pretesto per annunciare a tutti che è inutile illudersi: anche oggi, per ciascuno di noi sarà "difficile", anzi "impossibile", "entrare nel regno dei cieli". 

Per questo occorre, infatti, "vendere" ciò che si "possiede", donare il ricavato ai poveri e "farsi" così un "tesoro nei cieli". Senza il certificato che garantisca di esserne i possessori ci sarà "impossibile" varcarne la soglia. Inoltre, solo Gesù conosce il cammino che ad esso conduce. Per giungere al Regno dei Cieli ed entrarvi, non abbiamo altra possibilità che accogliere la chiamata del Signore, trasferire i beni lassù, e "seguire" Gesù. Chi, come il "giovane", resta intrappolato nelle "ricchezze" e difende ciò che possiede, non fa nulla di tutto ciò, e per questo non può entrare nel Regno dei Cieli. Sarebbe più facile l'inimmaginabile di un "cammello che passi per la cruna di un ago". Gesù non sceglie a caso le parole: la porta attraverso cui si accede al Regno è "stretta" come la "cruna di un ago", angusta come la Croce. E' più facile che un cammello passi attraverso un foro così piccolo che per vederlo, a volte non bastano neanche gli occhiali, che tu ed io distendiamo oggi le nostre braccia sulla Croce. Troppo possediamo per poterci donare

Per questo è "impossibile" amare davvero, sino alla fine: perdonare il marito che ha tradito? Impensabile! Perché? Perché da quando eravamo fidanzate con lui abbiamo fatto di tutto per "possederlo": gelosie, scenate, parole e atteggiamenti, ricatti affettivi e slanci passionali, tutto per incollare l'altro al nostro cuore. Così, il "mio" ragazzo è diventato il "mio" marito. Sembra del tutto naturale, ma non lo è. Chi fa dell'altro un suo possedimento non può lasciarlo libero, di pensare e di essere se stesso, men che meno di sbagliare e peccare. L'altro è mio, e, come un bambino capriccioso, ci posso giocare solo io. Quando poi succede che si libera delle catene e scappa, infilandosi ad esempio nel tradimento con la segretaria più giovane, il mondo cessa di esistere e tutto crolla; sotto le macerie di una vita fallimentare spesa a possedere l'altro senza risultato, il marito diventa un nemico da cancellare, un ladro che ci ha rubato gli anni migliori, che ha frantumato i nostri sogni e le nostre speranze. Amarlo? "Impossibile".

E così in tante altre circostanze e nelle diverse relazioni. Chi "possiede" i figli non li amerà, anche se farà sacrifici immensi per loro; chi "possiede" non può entrare nel Regno dei Cieli, laddove l'aria rarefatta e l'assenza di gravità disegnano una libertà che la terra non conosce. Gesù lo sa, e nel "giovane triste" riconosce ciascuno di noi. Siamo egoisti, ci siamo appropriati di persone e cose al punto che non ne possiamo fare a meno. Per noi "ricchi" è "impossibile" entrare nel Regno dell'amore perché è "impossibile" disfarci delle ricchezze e seguire Gesù! Chi crede di impegnarsi per Lui, di scegliere eroicamente di essere cristiano in un ideale volontariato dell'anima, è un illuso e un superbo. Come in fondo lo era anche Pietro, che ancora non si conosceva, e si illudeva di aver lasciato tutto per seguire Gesù. Non aveva capito nulla di quello che il Maestro gli aveva detto; non ricordava che la sua carne si era prestata a satana accogliendo i pensieri del mondo e divenendo scandalo al camino di Gesù; non si era riconosciuto nei "ricchi" incapaci di entrare nel regno dei Cieli perché pensano secondo i regni della terra, e non poteva immaginare che, di lì a poco, avrebbe tradito il suo amico. Anzi, esibisce la sua buona volontà e la scelta di seguirlo in comune a quella dei suoi amici, e chiede la ricompensa. La sua mentalità è ancora quella dei "ricchi" che, abituati a "possedere", misurano tutto come dentro una partita di dare e avere, "lasciare tutto" per "ottenere" qualcosa. Pietro non ha compreso d'essere stato chiamato, amato e liberato da se stesso per entrare, già qui sulla terra, nel Regno dei Cieli, dove tutto è donato e nulla si possiede

"Lasciare tutto" è "impossibile" a Pietro, a me e a te, come a tutti gli "uomini". E' un'opera che solo Dio può rendere "possibile". Se Pietro e i discepoli hanno "lasciato tutto" è stato perché Dio ha compiuto l'impossibile di strappare i loro cuori dalle catene del "possesso" e dalla schiavitù dell'egoismo. I loro nomi sono scritti in Cielo con il sangue del Signore; per questo la loro vita, come un "tesoro" - il "tesoro" di Cristo! - è custodita lassù. E' Lui che, con una carne identica a quella di Pietro e compagni, si è lasciato spogliare di tutto, e con la sua Croce è passato attraverso la "cruna d'ago" che lo separava dal regno dei Cieli; entrato in esso vi ha deposto il suo "tesoro", la vita di Pietro e degli apostoli. 

E' l'amore di Cristo che lo perdonato ed eletto ad entrare nella "nuova creazione", dove regnerà è giudicherà le Dodici tribù di Israele insieme con Lui; ravveduto e cercato dal Signore, confermerà, pascerà e giudicherà con amore i suoi fratelli. L' "ultimo", il pescatore di Galilea che ha tradito e abbandonato Gesù, nella sconvolgente gratuità dell'amore di Dio, diviene il "primo", senza alcun merito! Questa è l'economia del Regno dei Cieli, una creazione nuova, opera del Creatore e non delle mani dell'uomo. In essa ha valore ciò che nella vecchia creazione infettata dal veleno del demonio non ne ha. I piccoli e incapaci come Pietro, i peccatori incoerenti, i "ricchi" rimandati a mani vuote dalla Croce che li spoglia dell'orgoglio, ultimi e falliti secondo i criteri mondani, sono i primi e perfetti secondo i criteri divini. Loro "giudicheranno" le tribù di Israele, perché hanno accolto il "giudizio" di misericordia che ha "salvato" le loro vite. Gli "ultimi" sullo stesso trono crocifisso del Primo che, per loro, si è fatto Ultimo.

Il Signore ci chiama oggi a passare dalla "tristezza" dell'orgoglio che non accetta la debolezza, alla "gioia" umile di "ricevere cento volte tanto" di quello che abbiamo "lasciato" nelle sue nelle mani. Gesù ci invita a non temere e ad accettare che ci è impossibile entrare nel Regno dei Cieli: se fidanzati accettare l'impossibilità di essere casti; se sposati accettare l'impossibilità di donarsi senza riserve; vivere ogni circostanza nella consapevolezza della propria debolezza perché Lui possa colmarci del suo amore. Solo così non presumeremo nulla di noi stessi, e lasceremo che Dio operi in noi l' "impossibile". Gesù non ci chiama a buttare tra i rifiuti le nostre ricchezze, ma di "darle ai poveri". Questo significa "lasciare" che si occupi Lui dei nostri beni; che Lui, vivo nei "poveri", li purifichi e li santifichi, li trasfiguri perché siano strumenti del suo amore che vince il peccato e supera i limiti dell'egoismo e della concupiscenza. "Lasciare case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il Nome di Gesù" non significa perderli, ma vederli "centuplicati". Come accadde nel miracolo della moltiplicazione dei pani: il Signore ci chiama e ci chiede la nostra debolezza e quello che abbiamo posseduto sino ad oggi, per moltiplicarlo nella gratuità. "Lasciamo" a Lui i figli, rinunciamo alla nostra volontà su di loro, accettiamone le debolezze, e ce li renderà in una relazione nuova, libera e nella pace; potremo allora vivere nell'anticipo della "nuova creazione" dove ogni "giudizio" è misericordia nella verità; "giudicheremo" allora i nostri figli e i cento che il Signore ci donerà, quelli a cui avremo donato il Vangelo e la vita dal trono della Croce; così con la fidanzata, il marito, i genitori e i beni materiali: "lasciati" al suo "Nome" diventeranno caparra del Cielo, il sapore inconfondibile della vita eterna diffuso nella vita terrena.





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