Martedì della XI settimana del Tempo Ordinario




Duomo di Otranto. Adamo ed Eva rinchiusi nel cerchio di morte per aver creduto alle menzogne del serpente



La "perfezione" è "amare i nemici". E' un amore che non è di questo mondo, perché il mondo, il tuo ufficio, la tua scuola, il gruppo di amici, il nemico lo uccide. Ma chi è il nemico? Le anime belle diranno che non hanno nemici. Ingannandosi. Gesù non sta parlando di pacifismo, e neanche di non-violenza, che si traduce in un altro tipo di violenza, immancabilmente. Niente sfilate, manifestazioni, niente bandiere arcobaleno, ma amore. Amore crocifisso, la vita donata, senza riserve. Sant’Agostino ci insegna che "la misura dell’amore è amare senza misura", ossia infinitamente, come ama Dio. L'amore manifestato in Cristo. L'amore che non resiste al male, che non fa calcoli, ma, paziente, si lascia tradire, insultare, disprezzare. L'amore che non cerca il proprio interesse, o gratificazioni e gratitudine. L'amor puro che ama perché ama. E basta. Un amore che non ci appartiene per natura. Scriveva H. De Lubac: "L'umanesimo cristiano deve essere un umanesimo convertito. Nessun amore naturale può esistere senza l'irruzione nel soprannaturale. Ci si deve perdere per trovarsi. Dialettica spirituale, la cui inesorabilità si impone all'umanità come al singolo, vale a dire sia al mio amore per l'uomo come al mio amore per me stesso. Legge dell'exodus, legge dell'exstasis". L'amore che ci annuncia oggi il Signore è l'amore che scaturisce dalla Pasqua, passa attraverso la Croce per esplodere nella risurrezione, l'esodo che conduce all'estasi, la visione del Cielo, la contemplazione di Cristo risuscitato. E' l'esperienza di Santo Stefano, inginocchiato in un amore che è esattamente quello di Gesù: sotto i colpi della lapidazione, il suo cuore, ricolmo dell'amore di Cristo, schiude i suoi occhi sulla contemplazione del compimento, della "perfezione". Nel martirio che si realizza nell'amore ai suoi "persecutori" egli è già nel Cielo. La preghiera per i nemici conduce lo sguardo di Stefano a contemplare il volto di Cristo risuscitato alla destra del Padre. E' il Cielo in terra e la terra in Cielo. Per questo l'amore al nemico e' un dono celeste, non può essere un frutto degli sforzi umani. Non si colora dell'indifferenza con la quale, indossando sorrisi e compromessi di tolleranza, crediamo di risolvere i problemi. No. In certe situazioni, quando appare il nemico, si può solo amareLa moglie, il marito, i figli, sì proprio i figli, i colleghi, i vicini di casa, i parenti, gli amici, quando cercano di invadere i nostri "territori" si tramutano in nemici. Quando l'altro parte alla conquista delle nostre idee, dei nostri schemi, delle nostre certezze, delle decisioni, del tempo, del denaro, dei nostri diritti diventa un nostro nemico. Ecco, decine di volte al giorno ci imbattiamo nei nemici, spesso con i soliti nemici, e si finisce con il divorziare, giuridicamente o di fatto, separando i letti e non unendosi più con il coniuge, scivolando sul rapporto perché l'altro non è quello che pensavamo, ci ha deluso, non è capace di dare corpo, parole e gesti al nostro ideale di marito o di moglie, di padre o di madre. Attento, perché se ti sei infilato nell'indifferenza sorda che non chiede più nulla a una relazione; se aspetti solo che passi il tempo cercando di evitare l'aspra sofferenza di uscire da te stesso per raggiungere e amare l'altro così com'è, nelle sue debolezze e nei suoi limiti, anche nei suoi peccati, significa che quella persona che ti è accanto è un tuo acerrimo nemico. Lo è così tanto che lo hai ucciso cancellandolo! Attento, non ti ingannare, tanta è la sofferenza che ti ha procurato, ferendo la tua dignità di uomo o donna, spezzando i tuoi ideali di matrimonio, rinnovando forse i dolori della tua infanzia passata in una famiglia così diversa da quella che avresti voluto, così profonda è la morte che hai sperimentato accanto a quell'uomo o a quella donna, che l'hai ucciso nel tuo cuore. Hai provato, l'hai amato come potevi, ma i tuoi limiti si sono scontrati con la differenza, con i peccati dell'altro. E hai sperimentato la morte. Forse, quando ti sei sposato, non ti eri accorto di aver creduto alla menzogna del serpente, e ti sei illuso di essere come Dio. Pensavi di amare, era solo passione, sentimento, rugiada che il primo sole ha spazzato via. Non hai deposto il tuo desiderio di amare sulla Roccia, non ti sei realmente sposato in Cristo. Hai creduto di potercela fare, basando la relazione sugli interessi comuni, sulle affinità umane, sul piacersi; ma poi la realtà spigolosa, svelando i lati oscuri dell'altro, ti ha impaurito; la morte interiore ti ha inghiottito e ora non hai più intenzione di donarti, troppo grande è stata la delusione, e aspra la sofferenza, e allora eccoti rinchiuso in un cerchio che ti avvolge come una prigione. Hai tagliato con Dio: senza grandi ribellioni, anzi; magari ti sei sposato in chiesa, ma, forse con leggerezza, indotto dal pensare mondano con cui si traveste il serpente, hai costruito sui soldi, il lavoro, le amicizie, la casa e le buone scuole per i figli, surrogati friabili dell'autentico fondamento di ogni matrimonio. Ed eccoti imprigionato nell'incapacità di amare l'altro che si è rivelato nemico, perché hai voltato le spalle a Dio, anche se hai continuato ad andare a messa... Subdolamente hai pensato che Dio fosse un nemico che ti limitava e chiedeva l'assurdo, un amore indissolubile, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, declinazioni dell'amore al nemico, l'unico che assicura l'indissolubilità. Ma l'altro non è morto, è vivo, anche se hai divorziato e ti sei risposato... Esiste perché fa parte di te, è agganciato alla tua carne dalla scelta e dalla elezione di Dio, è innestato nel tuo cuore per la volontà del Padre, e non dalla tua carne. L'altro, chiunque sia, è la tua incancellabile vocazione, la terra promessa per la quale sei stato creato, il riposo che speri, il compimento che ti attende, l'unica possibilità per essere autenticamente felice. Come Eva fu tratta dalla costola di Adamo, così ogni altro, tua moglie o tuo marito, o i tuoi genitori, i tuoi figli, sino ai parenti, ai colleghi, ai professori, ti sono consegnati da Dio come una parte di te senza la quale sei incompleto, e quindi incompiuto, e per questo infelice. Molto di più se l'altro in questione è tua moglie o tuo marito! Non basta allora scappare nell'indifferenza, separarsi, e non sperare più nulla. Ciò significa lasciarsi rinchiudere nel cerchio di egoismo che ti avvelena. Per questo, se guardi bene alla tua vita e al tuo cuore, non sei felice. Ti sei gettato sul lavoro, su qualche interesse, ti sei attaccato ai figli, come se non fossero una memoria costante del tuo matrimonio, un frutto benedetto della tua vocazione. Ti sei chiuso come un riccio nel suo guscio, sperando di non soffrire. E, invece, soffri terribilmente, come il servo del centurione, che "giaceva in casa paralizzato". Non sei nato per l'a paralisi dell'indifferenza con la quale ti illudi di diluire i contrasti e non soffrire. Non sei nato per arrenderti dinanzi all'evidenza dei peccati, tuoi e dell'altro. Ma ti sei arreso, e soffri: l'altro, infatti, resta come un pezzo di te che reclama in te il suo posto! E la tua felicità sarà, comunque e solo, l'amore incondizionato e gratuito a quella parte di te che ti manca, anche se non è come vorresti. Non l'hai creato tu, come non ti sei creato da solo. L'altro, così com'è, è creato da Dio per te, perché si unisca perfettamente agli spazi del tuo cuore e della tua mente modellati da Dio come il destino unico e irripetibile per lui in te. L'altro è disegnato per combaciare perfettamente con te, con i suoi difetti, le debolezze, le superficialità, le nevrosi, con tutto quello che ti umilia, che non si adegua ai tuoi criteri e ti ferisce, che non realizza i tuoi ideali e ti frustra; l'altro è per te anche quando ti diventa nemico, perché Dio lo ha lasciato libero di peccare, come ha fatto con te, e la libertà è parte di noi. Essere nemico è una possibilità che non ci è stata preclusa, e quante volte lo siamo stati, proprio di Dio, perché ogni uomo reca in sé la sua immagine. Ma il peccato che ci ha resi nemici non ha impedito che ciascuno di noi potesse essere accolto nel cuore di Cristo, anzi! Proprio i peccati, frutto amaro della libertà sporcata nell'inganno del demonio, hanno, per così dire, disegnato in noi le forme per aderire perfettamente alle ferite di Cristo. Sulla Croce si è compiuto il miracolo, l'unico, capace di dare compimento alla vita di ogni uomo. Su di essa Lui ci aspettava per accoglierci, perché Lui era per i nemici, per te e per me... Cristo è il nuovo Adamo che, addormentatosi sulla Croce, ha attirato a sé ogni Eva tratta dal suo costato. Sulla Croce risplende l'amore "perfetto", la felicità per la quale siamo stati creati: Cristo ha disteso le braccia per spezzare il cerchio di morte nella quale siamo rinchiusi. Ed è risuscitato per accompagnarci l'uno verso l'altro. E ci dona il suo Spirito di vita, nel quale possiamo perdonarci e amarci, anche quando siamo nemici l'uno dell'altro. Amare il nemico, infatti, non è una legge inventata dai cristiani. E' la felicità, l'unica autentica, che non si può perdere, quella che cerchiamo quando ci innamoriamo e sposiamo, quando mettiamo al mondo i figli, quando usciamo per andare a lavorare, quando andiamo dal parrucchiere e cambiamo la tinta ai capelli quando facciamo sport e vediamo una partita, quando programmiamo le vacanze o mettiamo da parte i soldi per comprare una macchina nuova. Nel cuore del Discorso della montagna Gesù ci rivela il nostro cuore: esso è fatto per amare il nemico, e non sarà felice e in pace sino a che non lo farà! Non lo sappiamo perché il demonio ha sparso menzogna nel mondo, e non c'è educatore, maestro, genitore che ce lo abbia mai detto. Forse non ci sono neanche tanti pastori nella Chiesa a dircelo. Ti alzi ed è per cercare il nemico e amarlo. Prepari la cena ed è per donarti al nemico. Entri nella metropolitana per recarti al lavoro ed è per distendere le tue braccia per "amare quelli che ti odiano". Tutto quello che sarai chiamato a fare oggi, e ogni giorno della tua vita, è per "essere figlio del Padre celeste", per "essere perfetto" nel suo amore. Ogni istante ci è dato per vivere in modo "straordinario"! I giovani desiderano vivere esperienze straordinarie, per questo rischiano, provano droghe, cercano momenti di esaltazione. Gli adulti lo stesso, in preda alle crisi di mezza età, vorrebbero esperienze che fossero come una doccia fredda che li riporti all'entusiasmo giovanile, e vanno in palestra, e ci provano con un'amante. Perché dentro di noi grida un cuore creato per cose "straordinarie": non sono certo quelle che, assaporate, ci gettano poi nel buio della morte "ordinaria" frutto del peccato. Le cose "straordinarie", invece, sono a un passo da noi: guarda bene, è l'amore per tuo marito, tua moglie, i tuoi figli, il tuo collega. Sarai felice solo quando potrai donarti a loro oltre "l'ordinario", al di là di quello che hai fatto sino ad oggi! Quando lo "saluterai" anche se lui non lo ha fatto ed è indifferente ai tuoi bisogni; e non si tratta di un semplice buongiorno: per un ebreo un saluto è sempre augurare la pace - "shalom!" - ed è il riverbero del Messia, colui che porterà la "pace" nel mondo. Quando "saluterai" chi non ti guarda nemmeno, o trama contro di te, significherà che il Messia è giunto alla tua vita, che sei risorto con Cristo e hai oltrepassato le porte serrate nella paura e nell'egoismo; con Cristo potrai cercare il nemico e donargli lo stesso "saluto" che ti ha raggiunto la sera della Pasqua nella quale hai sperimentato il suo amore, e offrire così il perdono incastonato nelle tue ferite che proprio l'altro ti ha procurato. Ehi, aspetta un attimo, se fosse così semplice non starei così... Come potremo amare allora? Come potremo essere "perfetti", cioè felici, senza mancare di nulla, secondo il significato del termine greco? Lasciandoci colmare dell'amore di Dio. Solo chi ha conosciuto il Buon Pastore che nulla fa mancare alle sue pecore, può vivere senza difendere nulla, perché sa e sperimenta ogni giorno che la vita ricevuta è eterna, non può finire. Anche se strappata non si esaurisce. "Perfetto" è il figlio che confida in suo padre, nella certezza che mai gli farà mancare qualcosa. "Perfetto" è Gesù, il Figlio che possiede tutto quello che è di suo Padre. Per questo ama, dona la sua vita ancora prima che qualcuno gliela tolga: "Nei discorsi di Gesù il Padre appare come la fonte di ogni bene, come il criterio di misura dell'uomo divenuto retto («perfetto»)... «L'amore sino alla fine», che il Signore ha portato a compimento sulla croce pregando per i suoi nemici, ci mostra la natura del Padre: Egli è questo Amore. Poiché Gesù lo pratica, Egli è totalmente «Figlio» e ci invita a diventare a nostra volta «figli»" (Benedetto XVI). "Perfetti" sono i figli nel Figlio, i cristiani che tutto ricevono dal Padre, la pienezza della vita, della pace, della felicità: "Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l'amore. Dio non ci ordina un sentimento che non possiamo suscitare in noi stessi. Egli ci ama, ci fa vedere e sperimentare il suo amore e, da questo « prima » di Dio, può come risposta spuntare l'amore anche in noi.... Questo può realizzarsi solo a partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare quest'altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo. Il suo amico è mio amico. Al di là dell'apparenza esteriore dell'altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto di amore, di attenzione". Ecco, l'amore è un dono di Dio che possiamo sperimentare in ogni istante della nostra vita. E' la libertà autentica, che non ingabbia i rapporti nelle regole di una misera economia dei sentimenti, così diversa da quella di chi, illudendosi, ama prendendosi spazi e tempo, idee e criteri, camminando sul falso equilibrio di due "io" che nulla hanno davvero consegnato all'altro. Come l'eros dei "pagani", di chi non ha conosciuto l'amore rivelato in Cristo morto e risuscitato e il potere del suo Spirito. L'amore di Dio è un amore che non calcola, non progetta: Dio ama e basta. Anche ora, che siamo nemici di Dio, nei pensieri, nelle parole, negli sguardi. Riflettiamo bene, cosa abbiamo pensato di quel collega? Come abbiamo guardato quella ragazza sull'autobus? E potremmo continuare. E Dio? Dio ci ama, ci perdona, di dona la sua vita, "fa sorgere il suo sole" su di noi, continua a "far piovere" l'acqua della vita sui nostri peccati. Ci dona Cristo, e ci strappa dalla vita mondana e schiava della carne. Accoglierlo giorno per giorno è compiere questo Vangelo. E' la perfezione dell'amore, essere uno con Gesù. Ma è possibile solo in un cammino serio di conversione nella Chiesa, attraverso una Iniziazione Cristiana nella quale il Signore abiti in te per mezzo della fede adulta. Hai provato da solo ad amare, e niente, non ce l'hai fatta. Hai bisogno di fratelli concreti, diversi, insopportabili, che sfuggono ai tuoi criteri, nemici impossibili da amare, con i quali sperimentare che, per Grazia, è possibile donarsi ed essere felici; una comunità dove lo Spirito di Cristo risorto distrugga i cerchi dell'inimicizia e della carne, del tuo ideale di chiesa e di amore, e, nel letame che tutti ci accomuna, ti faccia gustare le primizie del Cielo e la forza della risurrezione di Gesù. Hai bisogno di una fonte dove andare ad abbeverarti e dei catechisti che ti insegnino ad usare un secchio e non un cesto pieno di buchi come hai fatto sino ad ora. Non tornavi a casa dalla messa che già la Grazia era perduta per strada. Hai bisogno di una Madre che, con pazienza, sazi la tua sete perché l'acqua dello Spirito Santo possa zampillare in te e compia lo "straordinario" per il quale tutti siamo nati: l'amore celeste compiuto nella nostra debolezza terrestre. Nella Chiesa, debole e povera anch'essa, e solo in essa possiamo imparare ad amare straordinariamente il marito, la moglie, i figli, il fidanzato, l'amico: l'amore all'altro sino alla fine, dove termina la sua dolcezza, la sua simpatia, la sua bellezza e iniziano i difetti, l'insopportabilità, i peccati. Amare sino a dove ci ha amato Dio, perché in quell'amore siamo stati uniti a Lui indissolubilmente, per sempre. L'amore che, "come pioggia", scende sull'altro, sia come sia, che "sorge come sole" di giustizia ogni giorno; amore che si fa preghiera che intercede per chi ci fa del male e non è come vorremmo, che sfugge alla nostra concupiscenza nascosta nella ragionevolezza; l'amore che si inginocchia "pregando per il nemico", quello che ci "perseguita" ogni giorno con la sua diversità che ci uccide, desiderando il suo bene autentico, il suo incontro decisivo ed eterno con Cristo attraverso il dono di noi stessi. E' questa la missione della Chiesa, mostrare concretamente l'amore che vince la morte, che fa degli Adamo e delle Eva chiamati in essa, separati dal peccato, una cosa sola nel perdono, un corpo dove ci si ama come Cristo ci ha amati e si offra ai suoi "persecutori". 








L'ANNUNCIO
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 
Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 
E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 
Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". 
(Dal Vangelo secondo Matteo 5, 43-48)








APPROFONDIMENTI




αποφθεγμα Apoftegma



Nella sua morte in croce si compie 
quel volgersi di Dio contro se stesso 
nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo
 — amore, questo, nella sua forma più radicale. 
Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, 
perché è lì che questa verità può essere contemplata. 
E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l'amore. 
A partire da questo sguardo 
il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare.

Benedetto XVI

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