XXIX Domenica del Tempo Ordinario. Anno A








L'ANNUNCIO
In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 
Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. 
Dicci dunque il tuo parere: E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?». 
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? 
Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 
Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». 
Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
(Dal Vangelo secondo Matteo 22, 15-21)




Su quali “certezze” fondiamo la nostra vita? San Paolo ricorda ai Tessalonicesi e a ciascuno di noi di essere stati “eletti da Dio”, grazie al Vangelo che si è “diffuso”, letteralmente si potrebbe tradurre anche “ci ha generato”, attraverso la “parola, la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione”.

Quest’ultimo termine è fondamentale: esso deriva dalla radice greca che indica “pienezza”. Da essa nascono termini affini che possono significare anche “riempire un recipiente”, “compiere un dovere”, “completare o restituire un tributo o un salario”.

La “profonda convinzione”, dunque, è legata a un’esperienza: l’annuncio ricevuto con la predicazione si è rivelato autentico per la potenza dello Spirito Santo, che ha dato compimento e pienezza al Vangelo. Fatti reali, miracoli concreti nella propria vita “riempita” da Cristo, è questa la certezza dei cristiani.

Come gli altri pagani entrati nelle diverse comunità, anche i Tessalonicesi avevano l’esperienza della morte a causa dei loro  peccati, “nei quali hanno vissuto alla maniera di questo mondo” ; ma anche che “Dio, ricco di misericordia, per grazia, li ha fatti resuscitare e sedere nei cieli in Cristo Gesù”.

Il fondamento della loro fede era proprio la vita nuova che conducevano: non tradivano più la moglie, non abortivano e non abbandonavano i propri figli; non erano più schiavi delle concupiscenze, non servivano mammona, amavano i nemici. Era una vita celeste, propria di chi è stato “restituito” al Padre che è nei Cieli. 


E così era stato: sepolti con Cristo nel battesimo, vi avevano lasciato l’immagine dell’uomo di terra, quella del primo Adamo caduto nel peccato; e riemersi dalle acque era rinati con Lui, il secondo Adamo, rivestiti dell’immagine dell’uomo celeste.

E tu, ed io? Guardiamoci allo specchio, e vediamo quale sia la nostra immagine. E’ la parte nascosta della risposta di Gesù ai “discepoli dei farisei e agli erodiani”: “mostratemi la moneta del tributo”.  E a noi dice: “mostratemi la vostra vita: di chi è l’immagine e l’iscrizione?”. Di chi siete “icona”, e che cosa annuncia la vostra condotta?

Sulla moneta del “tributo”, l’ imposta “per testa” imposta da Roma, vi era l’immagine dell’imperatore Tiberio e l’iscrizione “Tiberio Cesare, augusto figlio del divino Augusto, pontefice massimo”.  E in noi, quale volto risplende? E di chi siamo figli?

Per rispondere occorre risalire all’origine del brano evangelico. E, nascosta, vi troviamo la grande questione posta dal figlio di Giuseppe il carpentiere: chi sono io per la gente? E per te? Per i farisei era un eretico, un impostore, addirittura un demonio. Ed era una certezza granitica, ma non era la “profonda convinzione” dei Tessalonicesi…

Per questo non potevano tollerare che Gesù si spacciasse per Figlio di Dio. Non poteva essere Lui il Messia. Si erano, infatti, già messi d’accordo tra loro e con gli erodiani, un gruppo legato a Erode e che,  probabilmente, riconosceva in lui il Messia. Due fazioni opposte riunite dal rifiuto di Gesù e dall’obiettivo di toglierlo di mezzo.

Per questo inviano i loro “apostoli”: altri se stessi incaricati di mettere in trappola Gesù.  Sì, anche la “malizia” ha i suoi missionari; ma sono “ipocriti”, attori che recitano una parte che non corrisponde alla loro realtà. Allungano le frange, pregano ostentatamente, espongono l’immagine di Dio ma dentro sono pieni di rapina e malizia.


E Gesù si trova ad affrontare queste monete false. Ha davanti l’ipocrisia che tutti ci avvolge,  come quando preghiamo o andiamo a messa e ci rivolgiamo a Lui, mentre il nostro cuore è lontanissimo, parcheggiato fuori della Chiesa, schiavo del mondo e della sua mentalità.

Ma l’ipocrisia si fa evidente nel modo in cui essi iniziano a rivolgersi al Signore: “sappiamo che insegni la via di Dio senza nascondere la verità, e non guardi in faccia a nessuno perché non guardi le apparenze”. Ed è vero, guarda oltre l'immagine ipocrita che appare, e lo sperimenteranno nella sua risposta. Ma nelle loro parole vi è un doppio senso terribile: tu non ti curi di nessun uomo.

E’ qui che nasce l’ipocrisia, da questa immagine falsa di Gesù che essi avevano. Non potevano specchiarsi nel suo volto come figli nel Figlio; non potevano aprirsi umilmente al suo amore, perché pensavano male di Lui. Come noi, che non vogliamo essere come Gesù, che la sua immagine sia impressa in noi. Ne siamo scandalizzati, perché oppressi dalla superbia. No, non crediamo che Gesù crocifisso sia l'autentico "ecce homo", immagine perfetta di Dio. E' amore? Sì, è l'immagine originale dell'amore al peccatore, l'unica. Ma non volendo accettare di essere peccatori, rifiutiamo Cristo crocifisso, voltiamo la testa da un'altra parte, come profetizzò Isaia: "Non vi è in Lui bellezza, né splendore, né aspetto in cui dilettarsi. Disprezzato e rifiuto degli uomini, tanto da non sembrare neanche un uomo. Come un agnello muto condotto al macello". Ecco, questa è l'immagine di Dio. E' rivolta verso di noi, ma noi la stiamo rifiutando...

Dubitiamo di Cristo, come Adamo ed Eva furono indotti dal demonio a dubitare di Dio. Dietro la libertà di Gesù, dietro la sua parresia, non si nasconde forse l’indifferenza cinica verso i miei problemi?, la Chiesa mi dice che dietro a questa storia difficile, di sofferenze e solitudine, a questo matrimonio che fa acqua, c’è la mano di Dio che resta spesso invisibile e misteriosa. Ma non sarà invece che Dio si disinteressa di me, mi lascia soffrire, perchée non ha davvero a cuore le mie cose?

Risuona la stessa insinuazione del serpente: “tu che pensi, che opinione hai?” Non c’entra la fede, c’entrano i pensieri umani: pensa con la tua testa, non vedi che il frutto che Dio ti proibisce è bello, buono e può esaudire il tuo desiderio di essere come Lui? Si, non solo immagine e somiglianza di Dio, puoi diventare tu stesso dio… Come Augusto, come Tiberio, come Erode…

Mossi da questa "malizia", che si radica, anche etimologicamente, nella fame da saziare, quella dell'io che vuole essere dio, chiedono a Gesù se “è lecito pagare il tributo”, che in greco può anche significare "c'è il potere, l'autorità?". Ah, allora la questione è davvero seria! E’ in gioco l’identità e l’autorità di Gesù, che è la stessa di Dio. E’ in gioco lo Shemà, il cuore della fede di Israele. E’ come se chiedessero a Gesù: chi ha autorità assoluta sulla nostra vita? Chi amare con tutto il cuore, la mente e le forze? Ma non per essere illuminati davvero, solo per trovare un pretesto contro di Lui. Avevano già scelto il loro Re, e non era Dio..

La stessa domanda risuona oggi nelle nostre chiese per provare l’intenzione dei nostri cuori e  la certezza della nostra fede: chi conduce la nostra storia? Chi può dirci che cosa “è lecito” e cosa non lo è? Perché per comprendere quale immagine portiamo, occorre sapere a chi apparteniamo: a Dio che ci ha scelti da sempre, o a Cesare, cioè al demonio, che invece scegliamo noi?




Scriveva Sant’Ilario che chi sceglie l’immagine di Cesare sarà poi obbligato a versargli i tributi, mentre chi sceglie l’immagine di Dio è libero, non deve nulla al mondo. Il demonio, infatti, esige da noi la tassa su ogni pensiero, parola, gesto. I peccati, con cui lo dobbiamo servire. Non sono essi l’immagine che riflettiamo in famiglia, al lavoro, ovunque?

Ma Dio è geloso di noi. E viene ancora con la sua Chiesa a cercarci per strapparci di dosso l’immagine ipocrita che non si addice ai figli di Dio. Davvero vuoi la certezza dei Tessalonicesi? Davvero vuoi accogliere Dio come l’unico tuo Signore, e lasciarlo condurre la tua storia come ha fatto con Israele? Vedrai “Ciro” - un re pagano immagine degli eventi e delle persone della tua storia, soprattutto quelli impensabili e incomprensibili - "chiamato da Dio per nome" perché tutto concorra al tuo bene. Tutto nella nostra vita è mosso da Dio "per amore a noi", perché "non c'è nulla all'infuori di Lui", solo immagini vuote e false, caricature del bene, della verità e dell'amore. Sperimentare questo è la pienezza della fede, l’unica che ci fa “restituire a Dio quello che è suo”, cioè tutto noi stessi. E "a Cesare restituire quello che è di Cesare", cioè nulla, perché dice San Paolo che ogni Re riceve il potere da Dio. Non è suo. Ciò significa che i cristiani lavorano, pagano le tasse, vivono da cittadini, servendo in tutto la volontà di Dio nascosta nella storia, come lo fu con Ciro, e anche con i grandi dittatori. Scriveva San Giovanni Paolo II: "ormai a guerra finita pensavo tra me: il Signore ha concesso al nazismo dodici anni di esistenza e dopo quel sistema bestiale è crollato. Quello era il limite imposto dalla Divina Provvidenza a una simile follia... Se il comunismo è sopravvissuto più a lungo e se ha ancora una prospettiva di sviluppo, deve esserci un senso a tutto questo... Il male si può soltanto perdonarlo. E che significa perdonare se non appellarsi al bene che è più grande di qualunque male? Tale bene ha il suo fondamento solo in Dio. Solo Dio è questo bene. Questo limite imposto al male dal Bene divino è entrato a far parte della storia per opera di Cristo. Non è possibile separare Cristo dalla storia dell'uomo. Solo in Lui, di fatto, tutte le nazioni e tutta l'umanità possono varcare la soglia della speranza". 

Con questa stessa "certezza", con questo sguardo profetico e di fede siamo mandati nel mondo dominato da Cesare, seguendo le sue orme di misericordia che tracciano un piano di salvezza per tutti i popoli; ma senza dare se stessi al lavoro, al denaro, alla carriera. Senza sperare nulla dalla politica e dal potere, perché non sono dio, come non lo sono le banche, come non lo è nessuna creatura. Al mondo il nostro amore, sino a versare il sangue, ma mai la nostra immagine, la nostra anima. Solo così potremo compiere la missione che ci è affidata nella Chiesa.




Allora lasciati ammaestrare dalla Madre nel cui seno benedetto Dio può ricrearti a sua immagine. La Chiesa è, infatti la madre dell'immagine di Dio in noi, come lo fu la Vergine Maria per il Signore Gesù. La comunità gesta con l'iniziazione cristiana l'immagine divina in noi. Essa è in ogni uomo, ma solo nella Chiesa essa può essere restituita a Dio nel compimento di una vita santa come Lui è santo. Porgi l’orecchio alla predicazione della Chiesa, accostati alla confessione e lascia a Cristo i tuoi peccati; mangia il suo Corpo e bevi il suo Sangue per risorgere con Lui ed essere trasformato nella sua stessa immagine, figlio nel Figlio, luce per il mondo.

Oggi Gesù ci sceglie ancora per essere il suo volto, il suo corpo, i suoi occhi, la sua voce in questa generazione. Ecco come si diventa Dio, per Grazia, riflettendo come in uno specchio la sua immagine, in ogni istante: che dignità hanno i nostri corpi, integralmente. Non possiamo gettarli in pasto alla concupiscenza vestendoli di sensualità, ma occorre difenderli come Santa Maria Goretti, sino ad essere martiri, testimoni fedeli della sua immagine. Così anche le nostre parole, i pensieri, ogni gesto: sono "monete" che Dio ci ha prestato creandoci, per "restituirli" come i talenti della parabola, moltiplicati e compiuti nell'amore. Esso, infatti, fa risplendere in noi l'immagine di Gesù, crocifisso e risorto, il più bello tra i figli dell'uomo. 





Modestia, umiltà, semplicità, sincerità, mitezza, sono i frutti dello Spirito Santo che scolpisce in noi l'impronta della sostanza di Dio! Capite? Che mistero immenso, che gioia, che pace, e che missione... Basta essere uniti a Lui, entrare ogni giorno nelle viscere di misericordia di Dio per uscirne vittoriosi sulla morte e il peccato, perché la colomba dello Spirito scenda e prenda dimora in noi: "ecco il mio figlio prediletto". Ecco la mia immagine e somiglianza, ecco il mio amato! Queste parole possono risuonare anche oggi nella Chiesa, dove siamo trasformati in Cristo: solo uscendo dalle acque del battesimo, infatti, come i pagani che diventavano cristiani, possiamo restituire a Dio noi stessi, perché da sempre abbiamo portato la sua immagine

La vita ci è data per essere come un'icona orientale, che emana una luce e una bellezza così potenti da attirare in sé chi la guarda. L'immagine di Dio rivelata sul volto di Cristo appare nei cristiani come una chiamata per chiunque essi incontrano, una luce celeste, sconosciuta, che seduce e infonde speranza. Questa è la nostra "elezione", fondata sulla certezza che l'amore di Dio colma ogni istante e trabocca sino a renderne partecipe il mondo. 





αποφθεγμα Apoftegma



L’immagine di Dio non è impressa sull’oro, ma sul genere umano. 
La moneta di Cesare è oro, quella di Dio è l’umanità … 
Pertanto da’ la tua ricchezza materiale a Cesare, 
ma serba per Dio l’innocenza unica della tua coscienza, dove Dio è contemplato … 
Cesare, infatti, ha richiesto la sua immagine su ogni moneta, 
ma Dio ha scelto l’uomo, che egli ha creato, per riflettere la sua gloria. 

Anonimo, Opera incompleta su Matteo

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