8 gennaio







Un cibo che non conosciamo


Lo avevano chiaro perfino i discepoli: anche per chi segue il Signore arriva l'ora di cena, il momento cioè in cui si fa "tardi" e bisogna "andare per le campagne e nei villaggi dei dintorni per comprare da mangiare"; perché certo Gesù annuncia cose stupende, è addirittura capace di guarire ogni sorta di malattie, ma la fame è fame... Va bene andare in Chiesa, ma quando la pancia chiama non è certo il parroco a rispondere. Non coviamo anche noi il sospetto che il cristianesimo sia un tantino fuori dalla realtà? Che cioè il "luogo" dove si finisce seguendo Gesù sia "deserto", non esattamente quello che abbiamo immaginato quando ci siamo incamminati dietro a Lui affascinati dalle sue Parole. Lo abbiamo seguito pieni di speranza ma il mondo nel frattempo non è cambiato, continua ad essere in mano a predatori senza scrupoli, e non abbiamo i soldi per sposarci, non riusciamo a far studiare i figli, neanche alla fine del mese arriviamo con gli stipendi da fame che abbiamo. Accidenti se non è meraviglioso che Cristo ci perdoni sempre, ma purtroppo stasera non mangeremo perdono. Una cosa è il sentimento, un'altra la carne, e non vanno d'accordo, anzi. A forza di restare digiuni anche il sentimento evapora... E' così, anche se siamo in missione, vescovi, preti, suore, quando arriva l'ora di cena la fede scompare. Forse perché non è ancora diventata grande come un granello di senapa... Forse perché stiamo seguendo il Signore ma siamo ancora "pecore senza pastore". Ma come è possibile? Sono prete da vent'anni, non ho mai perso una messa domenicale, mando i miei figli al catechismo e al campo scuola. E invece è possibile, e lo rivela il brano del Vangelo di oggi: "Scendendo dalla barca" Gesù "vide una grande folla" ed "ebbe compassione per loro perché erano come pecore senza pastore". Ebbene questa "grande folla" era composta da quelli che avevano ascoltato la predicazione dei Dodici inviati da Gesù, che avevano visto i segni e i prodigi da loro compiuti, e si erano messi a seguirli sino al luogo deserto dove Gesù aveva radunato i suoi per farli riposare. Il deserto che appare nel Vangelo è dunque l'assemblea cristiana, la comunità che con Gesù celebra il riposo. E' qui che "la folla" è giunta. Come noi che, affascinati dalla predicazione e dai segni che abbiamo visto nei cristiani, in chi ci ha predicato il vangelo, nei Papi e nei santi, abbiamo seguito il Signore e ora ci troviamo presso di Lui, ma... Ma è tardi, ce lo dicono pure i discepoli, dobbiamo "comprare il pane" perché siamo affamati. Ma sai perché hai fame? Perché sei una pecora senza "pastore". Perché pur seguendo il Signore Lui non è ancora il tuo unico Pastore. Stai ancora dando retta al mercenario che ti ha promesso di saziare la tua carne... Ma proprio oggi, in questo "crepuscolo" nel quale ci sembra essere "tardi" e stiamo per "congedarci" da Gesù per l'ennesima volta Lui ci abbraccia nella sua "compassione". Si è fatto carne proprio per patire con noi la fame e darci finalmente l'unico pane capace di saziarci. Il suo cibo, infatti, è stato obbedire e compiere la volontà del Padre, proprio il pane che noi abbiamo rifiutato ingannati dal demonio. E per questo per noi è sempre "tardi", e siamo inquieti, irati, stanchi e insoddisfatti: "sudiamo" per lavorare ma non riusciamo a "comprare" tutto il pane di cui abbiamo bisogno per essere felici. Per questo Gesùprima del miracolo con cui sazierà la carne, "insegna" alla folla “molte cose”. Lui sa che la nostra fame non viene dalla pancia, ma dal cuore, dal nostro intimo dove abbiamo deciso di disobbedire. E' lì che deve guarirci estirpando il veleno dell'orgoglio per deporvi il "pane" dell'obbedienza. Ecco, ora si comprende il mistero dell'amore di Dio. Per salvarci davvero ci ha attirato attraverso la Chiesa in un cammino di verità sino a che per le nostre forze non sia diventato "tardi". Ci ha condotti nell'umiliazione come fece con Israele nel deserto, per farci sperimentare che l'uomo non vive di solo pane, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Che cioè non siamo stati creati per saziarci delle concupiscenze che cerchiamo di saziare "comprando" affetti e idoli con i nostri sforzi; ma per fare la volontà di Dio che è obbedire alla Parola d'amore nella quale ci ha creati. Questa obbedienza è proprio il cibo moltiplicato da Gesù! Il suo cibo che non conoscevamo, la sua stessa vita oltre la morte, l'amore che Lui ci ha annunciato e poi donato in abbondanza, capace di trasformare la folla nel suo gregge. Per questo gli apostoli distribuiscono i pani e i pesci alle persone "divise in gruppi", ovvero in piccole comunità. Chi si sfama dell'amore moltiplicato da Cristo non è più un numero senza volto, ma una persona nuova, un figlio di Dio che ama i suoi fratelli rinati come Lui nella compassione. Chi ha mangiato con Cristo la volontà del Padre ha una fede adulta, capace di riconoscere il suo amore nella sera della Croce. Questo amore non si può "comprare"; non esistono negozi che lo vendano... Per questo falliscono i matrimoni, i figli disonorano i genitori, il mondo precipita nella notte. C'è in tutti un desiderio originario di bene di cui sono immagine i pani e i pesce. Ma occorre che la Chiesa venga a noi e ci aiuti a "vedere" che senza la "benedizione" di Cristo il desiderio più santo è destinato a rimanere frustrato. Per questo, come quella sera sulle rive del Lago di Galilea, nella Chiesa gli apostoli continuano a distribuire gratuitamente l'amore di Dio che si fa benedizione riempie l'esistenza di vita sovrabbondante. Perché nella comunità riunita "in gruppi di cento e cinquanta fratelli" il Cielo scende sulla terra come la manna; basta sedersi e lasciarsi amare, sino alla sazietà.



QUI UN ALTRO COMMENTO E GLI APPROFONDIMENTI






L'ANNUNCIO
In quel tempo, sceso dalla barca, Gesù vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci».
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti.
Tutti mangiarono a sazietà, e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
(Dal Vangelo secondo Marco 6, 34-44)






Il mondo è una folla sterminata di vagabondi e mendicanti, con nessun altra speranza che la compassione. Che è dire senza altra speranza che Cristo. Solo Lui guarda alle folle fermandosi su ciascuno. Solo il suo sguardo, che sgorga dall’abisso di misericordia di Dio, fa di ogni uomo sperduto nella massa anonima una creatura unica e irripetibile. Ovunque ci troviamo, immersi nelle occupazioni, anche nella curva esagitata di uno stadio quale sembra l’impazzita società nella quale viviamo, Lui ci guarda come quando una telecamera mette a fuoco il protagonista tra la moltitudine dei passanti. I suoi occhi giungono al cuore, e lo svelano disorientato, “senza pastore”. 

Oggi, come duemila anni fa, il male che aggredisce il mondo è la mancanza di un Pastore che illumini la Verità, indichi la Via per giungere alla Vita cui ogni uomo anela. Mercenari che spadroneggiano, ingannano e uccidono ve ne sono a miriadi, ma, nel mondo, di pastori neanche l'ombra; nessuno che abbia realmente a cuore le sorti di ciascun uomo, nessuno che ami al punto di farci sentire unici e importanti. Nessuno che conosca il cuore dell’uomo e i suoi autentici bisogni, solo slogan ben ancorati a quello che sembra, oggi come ieri, l’unico problema, il denaro, e quindi il pane per riempire la pancia. In questo “deserto” di corpi, anime e vite gettati come vuoti a perdere, si posa anche oggi lo sguardo di Gesù. Ed è subito misericordia, compassione che si fa annuncio. 

Gesù capovolge lo schema ideologico e antropologico che si trova alla base di ogni messianismo politico o filosofico, così radicati nel cuore di ciascuno, e a volte infiltrati anche nella Chiesa. Egli rivela l’ordine che Dio aveva dato “in principio” alla creazione, e così illumina l’autentico disordine generato dal peccato. La superbia della creatura che si è allontanata dal Creatore chiudendosi ad una relazione di abbandono confidente e obbediente, ha gettato l’umanità nel “deserto”, dove non vi è alimento ed è preclusa la vita, immagine di ogni luogo ormai lontano dal Paradiso. 





Gesù ha compassione di chi vi abita ramingo ed esule, perché ne comprende il dramma, la solitudine e il disorientamento frutti del peccato. L'uomo deve sudare per mangiare, e spesso non basta. La sua compassione è autentica perché, invece di preoccuparsi innanzi tutto della loro pancia vuota, Egli intuisce, dal sintomo di una carne indebolita, dove si nasconde il focolaio dell’infezione; per questo “scende dalla barca”, Pastore che va incontro a ciascuna pecora perduta, per amarla come fosse l’unica sulla terra, ne condivide la “passione” caricandosela sulle spalle, e si mette “a insegnare loro molte cose”, perché non ne conoscono neanche una. 

E’ nel cuore e nella mente dell’uomo che si cela il virus generato dall’orgoglio, la presunta sapienza carnale e mondana che è, invece, stoltezza che schiude abissi di vuoto e dolore. Non sappiamo nulla e non comprendiamo perché la vita è un deserto che attraversiamo a stento e affamati. Gesù lo sa, e per questo, prima del miracolo con cui sazierà la carne, annuncia le sue “molte cose”, i segreti del cuore di Dio, l’amore infinito del Padre, la misericordia e il perdono, la Grazia di un cuore e una mente nuovi, perché anche la carne possa essere trasfigurata. E' questo l'ordine che Egli, Buon Pastore, riporta nel disordineprima l’annuncio che compie il perdono, e poi il ristoro della carne, segno di una vita rinnovata perché saziata dal suo amore.

La parola di Gesù ci accompagna sino al “crepuscolo”, giunge sulla soglia della nostra fame, dell'insoddisfazione, della delusione. E si fa pane, l’unico che sazia, perché compie quanto scritto nel Libro della Sapienza a proposito della manna: “sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli, dal cielo offristi loro un pane già pronto senza fatica, capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli; esso si adattava al gusto di chi l'inghiottiva e si trasformava in ciò che ognuno desiderava.” (Sap 16,20s). La manna era bianca, immagine del latte spirituale che Pietro ci invita a bramare “per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore.” (1 Pt 2, 1-3). 

Le “molte cose” insegnate da Gesù sono le sue parole che, come gocce di latte, sono capaci di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto; “molte” quanti sono gli uomini di ogni generazione, uniche e speciali per ciascuno; e che si adattano al gusto di chi le ascolta, quello autentico che Dio ci ha dato per godere della sua creazione, perché la sua opera è quello che ognuno desidera. Un matrimonio indissolubile, un'amicizia sincera, la sessualità libera dalla paura e aperta alla vita. L'amore che si dona senza riserve, che non si può "comprare in nessun villaggio". E' una grazia che scende dal Cielo come la manna, e ci trasforma in pane che si dà agli altri. Come è accaduto agli apostoli che hanno semplicemente distribuito l'amore infinito di Dio.





In questo episodio appare, in filigrana, il catecumenato che caratterizzava l’iniziazione cristiana della Chiesa primitiva; esso consisteva essenzialmente in un cammino di discesa sino alle acque del battesimo, guidati dalla “molte cose” che la Chiesa, labbra di Cristo, insegnava ai catecumeni. “Dategli voi stessi da mangiare”: annunciate il Vangelo ad ogni creatura, attraverso la vostra stessa vita raggiunta dalla Parola che l’ha redenta, i “due pesci e i cinque pani”, le due nature del Figlio di Dio, e i cinque libri della Torah compiuti in Lui. Nel loro stupore di fronte alla sproporzione tra l’incarico affidato e i mezzi a disposizione si riconosce l’eco della tentazione che abbiamo tutti: “Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane?”. 

Subito s’affaccia la preoccupazione del denaro, che rivela quale sia lo scrutinio ineludibile per ogni cristiano, per ogni testimone, per la Chiesa stessa. “Quanti pani avete?”. Andate a vedere: è questa la parola fondamentale, la domanda che risuona da duemila anni. Andare a vedere sino al fondo della nostra vita, per scoprire la debolezza, la povertà, l’inadeguatezza, il peccato. Come accadeva ai catecumeni che scendevano i gradini del fonte battesimale, sino a rimanere nudi come Adamo ed Eva, smascherate le ipocrisie e le finzioni, soli con la propria realtà ormai illuminata: solo così potevano entrare nelle acque e rinascere a vita nuova per rivestirsi di Cristo. E’ il cammino preparato per ciascuno di noi, per prepararci alla missione alla quale siamo chiamati, apostoli e pastori del gregge affidatoci. 

Per imparare a guardare gli uomini con gli occhi di Cristo e rivestirci della sua compassione; per non cedere alle tentazioni ideologiche con le quali il demonio, nei Pastori e nei teologi come in famiglia e ovunque, cerca di dissuaderci dalla Verità e dal suo annuncio, per piegarci sentimentalmente ai bisogni e ai desideri della carne degli altri, riflesso malcelato di quelli che premono anche sulla nostra carne: “Lo zelo e la compassione che devono abitare nel cuore di tutti i pastori. rischiano di essere fuorviati e rivolti verso iniziative altrettanto rovinose per l'uomo e la sua dignità, quanto la miseria che si combatte, se non si è sufficientemente attenti di fronte a certe tentazioni... Il pericolo di certe teologie è che si lascino suggerire il punto di vista immanentistico, solo terrestre… i quali non vedono, né possono vedere che la " liberazione " è innanzitutto e principalmente liberazione da quella schiavitù radicale che il "mondo" non scorge, che anzi nega: la schiavitù radicale del peccato” (S. Congregazione per la Dottrina della Fede, Libertatis Nuntius, Istruzione su alcuni aspetti della "Teologia della Liberazione"). 

Solo la consapevolezza fondata sull’esperienza che “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”, può farci Pastori e Apostoli con il cuore di Cristo, liberi di annunciare il Vangelo senza scioglierlo nella melma della sapienza carnale. Non vi è altra via per amare la moglie, il marito, i figli, i colleghi: andare a vedere per deporre tra le mani del Signore la nostra povertà perché ne faccia l’alimento sovrabbondante per tutti gli uomini. Gesù, infatti, prende proprio quei cinque pani e quei due pesci e da essi trae il cibo per tutti. Questa è l’esperienza della Chiesa e di ciascuno di noi: nella debolezza appare una sorgente di vita, sulla nostra vita scende la “benedizione di Dio” che la trasforma in alimento. Così “avanzeranno dodici ceste”, le dodici tribù di Israele, immagine della Chiesa nuovo Israele. Il miracolo d’amore sovrabbondante arricchisce e colma la stessa comunità; essa vive del dare la vita annunciando il Vangelo, perché “Chi perde la sua vita per il mio Nome e per il Vangelo, la ritroverà”.


APPROFONDIMENTI



Benedetto XVI. La moltiplicazione dei pani

Giovanni Paolo II. Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così numerosa?

S. Congregazione per la Dottrina della Fede, LIBERTATIS NUNTIUS. Istruzione su alcuni aspetti della "Teologia della Liberazione"


S. Agostino. Il nutrimento del corpo e dell'anima

Baldovino di Ford. Presi quei sette pani rese grazie li spezzò

San Beda il Venerabile. Sento compassione di questa folla

Paolo VI. La compassione di Gesù si manifesta nella Chiesa che annuncia il Vangelo

Giovanni Paolo II. Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così numerosa?

La compassione del Messia in un midrash ebraico

Sr. Maria Gloria Riva. L'incontro di Elia con la vedova di Zarepta

San Cesario di Arles. Gesù vide molta folla e si commosse per loro

Raniero Cantalamessa. Venite in disparte e riposatevi un pò

Silvano del Monte Athos. Da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero









αποφθεγμα Apoftegma






Noi confessiamo che il Regno di Dio,
cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo,
"non è di questo mondo", "la cui figura passa";
e che la sua vera crescita
non può essere confusa con il progresso della civiltà,
della scienza e della tecnica umane,
ma consiste nel conoscere sempre più profondamente
le imperscrutabili ricchezze di Cristo,
nello sperare sempre più fortemente i beni eterni,
nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio,
e nel dispensare sempre più abbondantemente
la grazia e la santità tra gli uomini.
Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa
a preoccuparsi costantemente del vero bene temporale degli uomini.
L’intensa sollecitudine della Chiesa, sposa di Cristo,
per le necessità degli uomini,
per le loro gioie e le loro speranze,
i loro sforzi e i loro travagli,
non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio
di esser loro presente
per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui,
unico loro salvatore.
Tale sollecitudine non può mai significare
che la Chiesa conformi se stessa alle cose di questo mondo,
o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del regno eterno.

Paolo VI, Professione di fede del popolo di Dio, 30 giugno 1968


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