Lunedì della I settimana del Tempo Ordinario





Pescare pesci come fossero uomini


E' terminato il Tempo di Natale, ma il mistero immenso che abbiamo celebrato in questo tempo straordinario non era fine a stesso. Non avrebbe senso festeggiare il Natale se non ci fosse il Tempo Ordinario nel quale esso si compie. Gesù è nato per entrare nella nostra storia di ogni giorno. Dio si è fatto carne per "camminare lungo il Mare di Galilea", e venirci a cercare dove stiamo "pescando" per mangiare e saziarci. Per questo Gesù irrompe oggi nella nostra precarietà, nel piccolo regno che cerchiamo di costruirci ogni giorno tra le insidie del mare e le poche certezze della terra. Non siamo tutti nella stessa situazione di Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni? Non stiamo anche oggi "gettando" le reti sperando che la sorte dia una mano ai nostri sforzi, al lavoro, a scuola, in famiglia? Non stiamo cercando di "riparare" gli errori commessi nelle relazioni, o i danni causati dagli imprevisti? Sì, siamo tutti sullo stesso confine tra vita e morte, gioia e dolore, successo e fallimento segnato profeticamente dalla riva sulla quale Gesù stava "passando" quella mattina. E, come allora, anche oggi ci "vede" e ci "chiama". Ma attenzione per favore, non c'entrano nulla il sentimentalismo e il volontarismo con i quali spesso ascoltiamo i passi della Scrittura che riguardano la vocazioni. Inaspettatamente e senza alcuna preparazione e merito, una bomba atomica era esplosa in quel lembo di terra: "il kairos era compiuto e il Regno di Dio era vicino". Probabilmente a noi questo annuncio di Gesù dice molto meno di quello che avesse detto a un ebreo di Galilea di duemila anni fa. Per lui, in quelle poche parole c'era tutta la storia del suo Popolo, le ansie, le attese le speranze. Significava che quello nel quale stava vivendo, quell'istante preciso, era il momento favorevole per l'avvento del Messia nella storia e l'instaurazione del Regno agognato dai tempi di Davide. Significava che tra poco i romani sarebbero stati cacciati e Dio avrebbe ricominciato a regnare su Israele, ma stavolta purificando la storia da tutte le conseguenze del peccato: il Messia infatti avrebbe portato la Pace, e guarito ogni malattia. Significava quindi che il mare stava per finire di costituire un'insidia e un'incognita: sarebbe bastato "gettarvi" le reti per pescare sempre in abbondanza, mentre le "reti" non si sarebbero mai più rotte. Le parole di Gesù annunciavano tutto questo, indicando anche ciò che chi le ascoltava avrebbe dovuto fare per entrare in quella radicale novità: "convertirsi e credere al Vangelo". E concretamente che significa? Niente di moralistico, solo lasciare di guardare se stessi, il mare e le reti rotte, e volgersi a Cristo per accogliere il "regno di Dio"; "il Vangelo di Dio", infatti, coincide proprio con il "Regno di Dio". La Buona Notizia che giunge anche a noi è che è finita la condanna perché i peccati sono stati perdonati. Anche se non in pienezza e definitivamente, il tempo del ritorno (conversione) al paradiso è compiuto! Basta sudore e concupiscenze, chi accoglie Cristo nella sua vita è accolto a sua volta nella gratuità dell'amore perduto a causa del peccato. I primi quattro discepoli si sono sentiti guardati e amati da Gesù, per questo hanno accolto la sua predicazione, e così il Vangelo di Dio li ha assorbiti in una vita nuova, capovolgendo quella precedente. Se il Regno di Dio era giunto accanto a loro, se la salvezza e tutte le speranze erano dischiuse dinanzi a loro, come avrebbero potuto resistere? Come se ti mettessi dinanzi a una cassaforte piena e la spalancassi per te. Che fai, ti giri e vai ancora a faticare per un tozzo di pane? La storia personale e del popolo li aveva condotti a quell'incontro con Gesù. Così la nostra vita ci ha guidato a quest'oggi nel quale lo straordinario del Regno di Dio prende dimora nell'ordinario del regno degli uomini, e il fluire quotidiano del tempo è trasformato in un kairos di salvezza. Cosa desideri, cosa speri, cosa aspetti? E' tutto in Lui, è Lui! E' Cristo che oggi ci sta chiamando a seguirlo, a smettere di camminare davanti e scendere i gradini dell'umiltà, obbedendo alla sua voce. "Seguimi!", cioè stai con me, come ogni discepolo faceva con il suo rabbino. Impara a vivere la Torah, ovvero la volontà di Dio, posando i tuoi passi sulle mie orme; impara la fede entrando negli eventi con me. "Avanti, seguimi!, cioè ""diventa me!". Lascia che ti faccia diventare un altro Cristo in questa generazione. Per questo Gesù dice anche a noi: 
“Venite dietro di me e vi farò diventare pescatori di uomini”: io trasformerò la tua vita in un fecondo dono d'amore, capace di portare gli uomini in salvo. Non si tratterà più di pescare per sfamarsi, ma di pescare per sfamare. Gesù ci chiama, infatti, per cambiare radicalmente il nostro cuore; ci attira dietro a Lui per farci passare dall'egoismo alla libertà e alla gratuità per trasformarci in "pescatori di uomini". Come si pesca un uomo? Tirandolo fuori dall'acqua, ovvio! Strappandolo al peccato e alla morte. Pescando i pesci come fossero uomini; pescando cioè chi è abituato a nuotare nel buio, perché ormai il suo habitat è il mare, l'immagine della morte. In famiglia e al lavoro, in ogni relazione, ci attende allora un mare dove gettare la nostra vita come una rete: maglie fitte di misericordia, pazienza, tenerezza, verità e parresia per annunciare il Vangelo, perché nessuno sfugga all’amore di Dio. Ma prima è necessario rinnegare la carne, che ci ha fatto pescare uomini come fossero pesci, tutti presi dentro la rete dell'ipocrisia per saziare le nostre concupiscenze. E' impossibile, lo sappiamo. Ma Gesù Cristo è risorto dal mare prima di tutti: attraverso la Chiesa ha il potere di "pescare" noi per primi e così farci entrare nel Regno di Dio. E dalla comunità cristiana che lo segue, inviarci per gettarci come una rete nel mare e pescare questa generazione: perché anche se oggi "il tempo è già compiuto", perché "tutto sia compiuto", perché la salvezza giunga ad ogni uomo, è necessario che anche noi, con Cristo, ci offriamo sulla Croce spirando amore e misericordia.  .


QUI UN ALTRO COMMENTO E GLI APPROFONDIMENTI






L'ANNUNCIO
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

 (Dal Vangelo secondo Marco 1, 14-20)








Spesso soffriamo perché vorremmo comprendere a che cosa il Signore ci stia chiamando ma non vediamo nulla. Inseguiamo una luce sulla volontà di Dio, immaginandoci sposati, presbiteri, suore, e soffriamo, uggiosi ai margini delle giornate, perché stentiamo a comprendere i segni che Dio vi depone. 



Il punto è che sbagliamo criterio. Non siamo noi che dobbiamo capire cosa dobbiamo fare, perché la chiamata del Signore giunge a noi come il frutto di qualcosa che è già compiuto. Ci attrae con amore e misericordia in un disegno che, in Lui, ha già visto la pienezza: “il tempo è compiuto” e Lui è qui, oggi, ci guarda, ci fissa, mira al cuore e scocca la freccia. 




E' una parola che infiamma, illumina e libera. “Venite dietro di me e vi farò diventare pescatori di uomini”: la volontà di Dio è seguire Gesù obbedendo alla sua Parola oggi, e ogni istante, fonte di pienezza e fecondità per la nostra vita. 




L'incontro con il Signore ha il potere di trasformare radicalmente il cuore, lo libera trasfigurando l'essere pescatori di Giovanni e Giacomo, di Simone ed Andrea. Trasforma il loro lavoro, l'opera delle loro mani, in un fecondo dono d'amore, capace di portare gli uomini in salvo annunciando il Vangelo. 

Non si tratterà più di pescare per sfamarsi, ma di farsi pescare per sfamare, divenendo il pesce che Gesù saprà moltiplicare per essere donato alle moltitudini

Non a caso nei primi secoli nelle ca­tacombe romane uno dei primi simboli di Cristo fu il pesce, probabilmente pensato da un cristiano di Alessandria che compose l'acrostico Icthys, che in greco significa  pesce, dalla frase Iesus Christos Théou Uios Soter, ov­vero Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. Il pesce, inoltre, è simbolo dell'Eucarestia, del Signore che si offre ai fedeli come alimento. 




L'anziano Abercio, presbitero o forse ve­scovo di Hierapolis di Fri­gia, alla fine del II secolo ha lasciato la sua testimonianza su un cippo funerario scoperto ad Hamman'in Turchia: «Io, Abercio, visitai tutte le metropoli della Siria, persino Nisbi oltre l'Eufrate, e dappertutto trovai dei fratelli... Era la fede a guidarmi e a propormi ogni vol­ta come cibo un pesce che veniva da una fonte viva, immenso, puro, concepi­to da una casta vergine». 

A poco a poco i pesciolini divennero an­che simbolo dei cristiani, come scrissero Tertulliano,  "Ma noi piccoli pesci nasciamo nell'acqua", e Ambrogio, "Ti è stato riservato che le acque ti rigeneri­no con la grazia, come es­se hanno generato gli al­tri esseri viventi alla vita terrestre. Imita questo pe­sce". 

La volontà di Dio per noi, concretissima, è seguire la via del Signore che “passa sul mare” mentre le “sue orme rimangono invisibili” (cfr. Sal 76) perché sommerse dalla morte alla quale si è consegnato per “pescare” gli uomini che gli appartengono. 


Il prossimo ci attende per riconoscere in noi Cristo che prende il peccato e perdona. In famiglia e al lavoro, in ogni relazione, ci attende un mare dove gettare la nostra vita come una rete, maglie fitte di misericordia, pazienza, tenerezza, verità e parresia, perché nessuno sfugga all’amore di Dio. 

Pescatori di uomini essendo quello che siamo, studenti, impiegati, o quello che sia, senza dover inseguire fantasie, sogni o desideri di riscatto in chissà quale nuova occupazione. Il riscatto e il valore della nostra vita emerge a partire da ciò che siamo, dalle nostre reti, dalla barca, da nostro padre. 

“Lasciare tutto e seguire Gesù” significa consegnargli la nostra vita oggi, perché operi in essa quello che da sempre ha pensato. Significa lasciarsi attrarre nel “tempo compiuto”, nella radicale novità del Vangelo, nell'amore di Gesù che tutto trasfigura. E' questa la sua volontà fondamentale: accedere alla libertà di figli per essere trasformati in puro amore. Per questo occorre lasciarsi dietro il vecchio vivere incompiuto perché stretto dall'egoismo della carne. 



In questa pienezza che Gesù infonde alla nostra vita, potremo scoprire, giorno dopo giorno, quale cammino concreto Dio abbia pensato per noi, in quale circostanza e per chi perdere e donare la nostra vita, dove e come pescare uomini. Alcuni formeranno famiglie cristiane, altri saranno presbiteri, altri nel silenzio di un chiostro pregheranno per tutti. E così per le chiamate quotidiane: all’interno della cornice di una vita liberata per amare, scopriremo il compimento delle ore e dei giorni, sfamando nell'amore chi giunga e bussi alla porta della nostra vita.





αποφθεγμα Apoftegma



Dammi prima questo pescatore — dice il Signore. 
Vieni tu, o povero, seguimi; 
non hai nulla, non sai nulla, seguimi. 
Tu che sei ignorante e povero, seguimi! 
Tu non hai nulla che spaventi, 
ma hai molto che si può riempire. 
Bisogna avvicinare il recipiente vuoto 
a una sorgente così abbondante. 
Ha abbandonato le reti il pescatore, 
ha ricevuto la grazia il peccatore 
ed è diventato divino oratore. 
Adesso si leggono le parole dei pescatori 
e si chinano le teste degli oratori. 
Vengano dunque tolti di mezzo i venti sterili, 
si tolga di mezzo il fumo, che svanisce col gonfiarsi: 
cose che bisogna assolutamente disprezzare, se vogliamo la salvezza.

S. Agostino

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