Mercoledì della VII settimana del Tempo di Pasqua


Consacrati nella Verità



αποφθεγμα Apoftegma


O Fuoco consumante, Spirito d'amore,
"discendi in me",

affinché si faccia nella mia anima come una incarnazione del Verbo:
che io sia per Lui un'aggiunta di umanità
nella quale Egli rinnovi tutto il suo mistero.

Beata Elisabetta della trinità


Diciamoci la verità, questo mondo non ci piace. Ne vorremmo un altro nel quale ci illudiamo che potremmo vivere felici; un mondo migliore dove poter essere cristiani migliori. Un mondo che assomigliasse al Paradiso, perché no? E' l'inganno tipico delle filosofie e delle ideologie che, avendo cancellato Dio, spengono nel materialismo e nell'immanentismo il desiderio di bene e di "gioia piena" che alberga nel cuore dell'uomo. L'ancor giovane teologo Joseph Ratzinger sintetizzava nel binomio "sapere-fare" la posizione di fronte alla realtà dell'uomo moderno che ha perso la fede: "la verità con cui l'uomo ha a che fare, non è la verità dell'essere, e neppure quella delle azioni da lui compiute. E' invece quella del cambiamento del mondo, della sua modellatura. Una verità insomma proiettata sul futuro e incarnata nell'azione". Per questo, nella realtà, ovvero la natura, - che non è più compresa come creazione - "non è il Creatore che si incontra prima di tutto, ma l'uomo incontra sempre se stesso", con la tragica conseguenza che “l'uomo attende la salvezza da se stesso e appare essere in grado di darsela". Ce n'è abbastanza per comprendere ciò che sta vivendo la società contemporanea, della quale, dobbiamo ammetterlo, siamo parte per nulla passiva. Non hai un figlio? Tranquilla, la scienza provvede. E così via, anche nella nostra vita di ogni giorno, nella quale cerchiamo di addomesticare e "modellare" la realtà per farne un piccolo paradiso personale. Un esempio? L'adorazione che riserviamo al corpo, alla salute e alla qualità della vita. Intendiamoci, fumare fa male eccome, ma questa demonizzazione del fumo che trasforma le persone e le istituzioni in inquisitori inflessibili che significa? Significa che nel nostro intimo più profondo abbiamo dimenticato Dio e chiediamo a una serie di regole di vita (spesso contraddette nel giro di pochi mesi perché indotte da interessi economici) la garanzia della salute, che ormai fa rima con immortalità. Non fumo, non bevo, niente grassi e quintali di verdure, e poi lo jogging e le sedute in palestra, vuoi che il cancro possa aggredirmi? Io le moltiplico le difese immunitarie, e tiè alla morte. Non scandalizzatevi per favore, le cosiddette nuove grandi e piccole "conquiste civili" hanno nella stragrande maggioranza dei casi la firma dell'Anticristo che promette senza mai mantenere il paradiso in terra. Che meraviglia una casa senza odore di tabacco che ingiallisce le tende, proprio un angolo di paradiso vero? Niente da eccepire, ma il cuore, è pure lui un angolo di paradiso o una bettola maleodorante? Non sarà per caso che buttiamo l’ospite in balcone a fumare perché già da tempo abbiamo cancellato nel risentimento un collega? Sembra una buffonata, eppure questo piegarsi ideologicamente al “salutarmente corretto” sa tanto di ipocrisia, ed è la cifra della nostra balbettante ricerca di verità e assoluto che abbiamo perduto ingannati dall’ideale insinuatoci dal demonio. L'ideale della perfezione di chi si illude di diventare come Dio.

Lo Spirito Santo, infatti, avendo trovato dimora in Gesù di Nazaret, cerca la nostra carne e non un ideale nel quale è così facile nascondersi e mascherare i propri fallimenti. L'ideale è sempre spostato nel futuro, è concepito nelle idee proprie o altrui. Invece "Caro Cardo Salutis - La carne è cardine della salvezza” (Tertulliano). Con la nostra stessa carne Gesù si è incuneato attraverso la morte, l'ha vinta, è entrato nel Cielo e ci ha introdotti nell'intimità con il Padre. Ha assunto la carne che pecca e ne ha fatto uno strumento per salvare l'umanità. Ecco il realismo di cui solo Dio e chi gli appartiene è capace: niente idealismi fratelli, "essi", cioè noi, "sono ancora nel mondo". Santa Teresa d’Avila lo aveva compreso bene: "Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Volerla fare da angeli, mentre siamo sulla terra, è una vera pazzia”. Allora, siamo pazzi o no? Sì che lo siamo, perché, sforzandoci per "modellare" il mondo, stiamo lottando contro noi stessi e la nostra vocazione: vorremmo essere “del mondo” per cambiarlo con la sua sapienza proprio per non essere più “nel mondo”, in questo mondo che non ci piace. Ma succede che, nonostante tanti sforzi per “modellarlo”, il “mondo” continua a “odiarci”. Perché? Perché Gesù ci ha “dato la Parola del Padre” che ci ha scelti e chiamati a far parte della sua Chiesa. No fratelli, “non siamo del mondo, come Gesù non è del mondo”, e sta pregando anche ora perché il Padre ci “custodisca dal maligno” e dai suoi inganni. Per questo non basta vietare di fumare nella propria casa per sentirci in paradiso, o seguire diete ferree e sottoporci a mille check-up per non ammalarci. Per questo, anche se nascondiamo per anni il volto di un amico che ci ha tradito o vinciamo una causa contro chi ci ha ingiustamente tolto il denaro che ci apparteneva non troviamo pace. Nella Chiesa infatti siamo "custoditi" e allevati perché si compia in noi il Discorso della Montagna, carta di identità di ogni cristiano. Qualcosa di esso abbiamo cominciato a sperimentare, e allora non stupiamoci se, anche travestiti con abiti mondani, “il mondo ci odia”; esso riconosce immediatamente quelli che non sono suoi. E’ inutile, se abbiamo gustato almeno una volta l’amore di Dio, ogni tentativo di vivere gli affetti, il lavoro, lo svago come i pagani fallirà miseramente. E questo vale anche per i nostri figli, se davvero abbiamo loro trasmesso la fede. Tra gli amici saranno comunque una goffa caricatura che alla fine si toglieranno stanchi di fingere. Gesù, infatti, ha “consacrato se stesso”, ha cioè offerto la sua vita, perché tu ed io fossimo “consacrati nella Verità” che è la "Parola del Padre" fatta carne in Cristo e che la Chiesa ci predica e ci dona compiuta nei sacramentiCoraggio allora, perché il Signore ci ha "consacrati", cioè separati "dal mondo" e dalle sue concupiscenze per diventare "proprietà di Dio" (Benedetto XVI) "quando era ancora" con gli apostoli nei quali preparava per noi la Chiesa che ci ha accolto; in essa "non andremo perduti" perché potremo ogni giorno lasciar "perdere" nelle sue viscere di misericordia "il figlio della perdizione" immagine dell'uomo vecchio, e rivestirci di quello nuovo nella "Verità" che è l’amore rivelato in Cristo crocifisso. Per questo Gesù, "compiendo la Scrittura", chiede al Padre di “custodire" i cristiani "perché siano una cosa sola, come loro". Nell’amore e nell’unità realizzati nella comunità cristiana, infatti, appare "nel mondo" la "Verità" che smentisce ogni menzogna del diavolo che genera la divisione. Anche oggi il Signore ci "manda nel mondo come ha mandato il suo Figlio", cioè "come" gli ultimi e i più piccoli, perché non dobbiamo "modellarlo" ma salvarlo con l'amore attraverso la storia che ci dona. E che cosa c'è di più grande di questa missione? Nulla! Smettiamo allora di lamentarci e indignarci per come va il mondo e accogliamo con stupore, gratitudine e allegria la nostra vocazione: attraverso la Chiesa, infatti, il Signore ci ha rivelato "queste cose" proprio perché "abbiamo in noi stessi la pienezza della sua gioia", quella cioè di compiere "nel mondo" la volontà del Padre perché a tutti giunga la salvezza.  







L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Giovanni 17,11b-19.

Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. 
Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. 
Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. 
Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. 
Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 
Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. 







Caro Cardo Salutis (Tertulliano, De resurrectione mortuorum VIII, 6-7): La carne è cardine della salvezza. Le parole pregate da Gesù che compaiono nel frammento odierno della grande preghiera sacerdotale ci svelano un segreto decisivo: la vetta della contemplazione mistica coincide con la più semplice quotidianità. "Essi sono ancora nel mondo": il mistero di Dio si svela nella nostra storia. Il mondo nel quale siamo posti è il luogo dove sperimentare la pienezza della gioia di Cristo. "Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Volerla fare da angeli, mentre siamo sulla terra, è  una vera pazzia…» (Santa Teresa d'Avila, Vita 22,10). Non apparteniamo al mondo, ma siamo nel mondo. E non si tratta di una sventura, anche se spesso crediamo che lo sia. In noi, come nella Chiesa, si fanno guerra due concezioni del cristianesimo, entrambe eretiche: o terra o Cielo, o mondo o Dio, o carne o Spirito. E' l'astuzia più subdola e perversa del demonio. Per questo Gesù non prega il Padre di togliere dal mondo i suoi discepoli, ma di custodirli dal maligno. Gesù prega perchè i suoi discepoli trovino il loro posto nel mondo. E non è questo il problema principale nel quale ci imbattiamo e al quale non sappiamo dare risposta? Qual'è la volontà di Dio per la mia vita? Qual'è la mia vocazione? E ora, in questa situazione concreta, cosa debbo fare?

Il diavolo vuole gettare di traverso la nostra vita, dividerla, secondo l'etimologia del suo nome (dal latino diabŏlus, traduzione del termine greco, diábolos, "calunniatore", "accusatore"; derivato dal greco diabàllo, dia "a traverso" e bàllo "getto, metto", getto di traverso). Il maligno vuole mettere sottosopra la nostra esistenza, confondere le acque, dividerci interiormente dividendoci da Dio e dagli altri. Per questo la preghiera di Gesù implora al Padre per i suoi discepoli l'unità, che è la pienezza della sua stessa gioia: perchè siano una cosa sola, come noi. Siamo stati creati ad immagine di Dio, che è comunione d'amore, unità perfetta. Il compimento della nostra vita, l'identità che ci costituisce è la stessa unità che è in Dio. Il male è il contrario dell'unità, è divisione, frammentazione, dissipazione. Stiamo male quando la nostra vita ha perduto l'unità, il senso che la costituisce. Non comprendiamo più nostra moglie, gli eventi ci appaiono pezzi di un puzzle che non riusciamo a riordinare. E vorremmo scappare, e prendiamo in odio la carne, la storia, il mondo; oppure, al contrario ci gettiamo a capofitto in esso tentando di cambiarlo, di piegarlo ai nostri desideri e ai nostri criteri, illudendoci di avere il potere di rimettere ordine, il nostro ordine. Ma il problema non è nel mondo, nella carne, negli eventi della storia, negli altri. Certo, tutto quando ci circonda può condizionarci, ma non in maniera decisiva. Il problema è dentro di noi, dove si è insinuata la divisione primordiale, quella che ci ha separato da Dio: ci siamo nascosti, sfuggendo la verità, e la nostra vita è andata in frantumi.  

Gesù sulla Croce ha attirato tutti a sé, ha come catalizzato ogni scheggia impazzita dell'esistenza di ciascun uomo e, attraverso il suo passaggio nella morte, ha distrutto l'opera del mentitore e del divisore; la sera di Pasqua apparendo ai discepoli consegna loro la Pace, il segno dell'ordine e dell'unità ristabilita. La Pace che scaturisce dalla Verità rivelata in quell'istante: Gesù di Nazaret è Dio, è il Signore. In Lui l'uomo è stato riconciliato con Dio, la carne è stata redenta definitivamente. Egli ha oltrepassato la barriera della morte, il muro di divisione che sino ad allora aveva impedito l'autentica comunione tra l'uomo e Dio, tra l'uomo e se stesso, e tra l'uomo e l'altro uomo. Gesù si è incuneato attraverso la morte, l'ha vinta, è entrato nel Cielo con la nostra stessa carne, ci ha introdotti nell'intimità con il Padre, ha posto ciascuno di noi nella comunione e nell'unità divina. "Tremunt videntes Angeli Versam vicem mortalium: Peccat caro, mundat caro, Regnat Deus Dei caro. Gli Angeli tremano, mentre vedono la rovesciata sorte dei mortali: pecca la carne, la Carne apporta la purificazione, la "carne di Dio" regna come Dio" (Inno Aeterne Rex altissime del Breviarium Romanum proprio dell’Ascensione). Gesù ha assunto la carne che pecca, ne fa uno strumento per purificare il genere umano e la associa al suo trionfo, al punto di fare di essa, di questa nostra carne, la carne di Dio!.

Ed è apparso vivo come primizia e ha consegnato ai suoi discepoli le chiavi di quell'intimità. In Lui, nel suo Spirito vivificante, ogni suo discepolo può ritrovare il Paradiso, l'innocenza perduta, l'unità profonda nella quale è stato creato. “In ognuno c’è qualcosa di prezioso che non c’è in nessun altro. Ma ciò che è prezioso dentro di sé, l’uomo può scoprirlo solo se coglie veramente il proprio sentimento più profondo, il proprio desiderio fondamentale, ciò che muove l’aspetto più intimo del proprio essere” (M. Buber, Il cammino dell’uomo). Ogni cosa della nostra vita è come assorbita dal nucleo d'amore di Dio, attirata e legata dalla forza di gravità che scaturisce dal cuore di Dio che ci svela il nostro sentimento più profondo. Matrimonio, famiglia, lavoro, studio, amicizie, svaghi, sino alle cose più piccole e routinarie, tutto è innestato come i raggi della ruota di una bicicletta sul suo mozzo centrale. Quando, a causa del terreno accidentato, il cerchio della ruota si deforma, occorre provvedere alla centratura. Quando questa è ben fatta i benefici si sentono nella frenata, si evitano certe cadute sul bagnato, e si hanno effetti positivi sulla comodità della bicicletta, risolvendo i problemi dei continui sbalzi provocati da una ruota difettosa. Cristo ha provveduto alla centratura della nostra vita, raddrizzando e ricentrando i raggi della nostra storia. Centrando in Lui ogni aspetto della nostra vita possiamo frenare di fronte alle tentazioni, evitare di cadere sul terreno viscido degli inganni, viaggiare comodi, in letizia e pace, sulle strade che ci attendono.

"La manifestazione di Dio nella carne è l’avvenimento che ha rivelato la Verità nella storia... Solo perché veramente il Figlio, e in Lui Dio stesso, “è disceso” e “si è fatto carne”, morte e risurrezione di Gesù sono eventi che risultano a noi contemporanei e ci riguardano, ci strappano dalla morte e ci aprono ad un futuro in cui questa “carne”, l’esistenza terrena e transitoria, entrerà nell’eternità di Dio.Lasciamoci trasformare totalmente da Colui che è entrato nella nostra carne... Tale mistero è il compimento della vocazione dell’uomo." (Benedetto XVI, Omelia di Natale 2009), La preghiera di Gesù ci annuncia questa notizia sconvolgente: qui ed ora possiamo essere felici cominciando a pregustare le delizie del Cielo. Qui, in questo mondo, in questa storia concreta. In quest'ora che ci accoglie possiamo sperimentare la gioia di Cristo, la letizia infinita della sua comunione con il Padre. Non si tratta di brevi spazi riservati alla preghiera. Anche nell'esperienza dei santi più grandi le consolazioni di questo tipo sono state rarissime e brevissime. La mistica più autentica, la contemplazione dei misteri (dal greco mystikòs = misterioso) si realizza nella storia, negli eventi apparentemente più banali. E' nella carne che incontriamo Cristo; è nella vita di ogni giorno che egli ci custodisce nella sua intimità. Ogni istante della nostra esistenza è un tesoro prezioso che Egli difende nello scrigno del suo amore. “La nostra autentica missione in questo mondo in cui siamo stati posti non può essere in alcun caso quella di voltare le spalle alle cose e agli esseri che incontriamo e che attirano il nostro cuore; al contrario, è proprio quella di entrare in contatto, attraverso la santificazione del legame che ci unisce a loro, con ciò che in essi si manifesta come bellezza, sensazione di benessere, godimento. Il chassidismo insegna che la gioia che si prova a contatto con il mondo conduce, se la santifichiamo con tutto il nostro essere, alla gioia in Dio... L’uomo deve allontanarsi dalla natura solo per ritornarvi rinnovato e per trovare, nel contatto santificato con essa, il cammino verso Dio.” (M. Buber, Il cammino dell’uomo).

Per questo non possiamo disprezzare nulla di noi, della storia che viviamo. Alla fine della sua vita, il curato di campagna del celebre romanzo di Bernanos, scrive sul suo diario: "Non importa! E' finita. Quella specie di diffidenza che avevo di me, della mia persona si è dissipata, credo, per sempre. Questa lotta è giunta al suo termine. Non la capisco più. Sono riconciliato con me stesso, con questa povera spoglia. Odiarsi è più facile di quanto si creda. La grazia consiste nel dimenticarsi. Ma se in noi fosse morto ogni orgoglio, la grazia delle grazie sarebbe di amare umilmente noi stessi, allo stesso modo di qualunque altro membro sofferente di Gesù Cristo" (G, Bernanos, Diario di un curato di campagna). Morendo, questo giovane prete che ha vissuto dentro di sé le tensioni e le contraddizioni della propria natura, ha sussurrato: "Che importa? Tutto è grazia". 

Gesù prega il Padre perchè in ciascuno di noi si dissipi la diffidenza di noi stessi, del mondo, della carne. Gesù prega per i suoi che rimangono nel mondo. Non li vuole strappare dalla realtà, dalle contraddizioni: essi sono inviati nel mondo come è stato inviato Lui. Povero, debole, inerme. "Lasciate che la carne faccia il suo ufficio. Rammentatevi quello che disse Gesù nella preghiera dell'orto: La mia carne è inferma e ricordatevi quel suo sorprendente e doloroso sudore. Se, come lui stesso dice, era pure inferma la sua carne divina che non aveva peccati, come vorremmo che la nostra sia tanto forte da non sentir paura per le persecuzioni e i travagli che la minacciano? Non preoccupiamoci delle nostre paure né perdiamoci di animo per la nostra debolezza" (Santa Teresa D'Avila, Pensieri sull'amore di Dio, 3, 9 ss). Gesù prega perchè, nella storia che ci è data, impariamo ad amare umilmente noi stessi, dimora della sua presenza, sperimentando giorno dopo giorno il potere del suo amore; Gesù è ormai in Cielo, ma è anche qui, nella carne reale dei suoi discepoli, per compiere la sua missione. L'amore che rompe ogni barriera, l'amore tra di loro che si traduce in un'unità a prova di bomba atomica, l'amore agli altri come a se stessi, questo amore è la Verità che può liberare il mondo, salvarlo dall'inganno e dalla dissipazione. "Tutto ciò che il Santo, Benedetto Egli sia, ha creato nel mondo, creò nell’uomo” (Abot de Rabbi Natan, 31). Quando nell'uomo si compie l'unità originaria, anche il mondo ritrova la stessa unità. E' in fondo questa la missione della Chiesa, degli apostoli, di ciascuno di noi: provvedere, in Cristo, alla centratura del mondo. Attraverso le nostre vite riconciliate, consacrate nella verità, sospingere il mondo nella stessa unità, accompagnarlo in Cielo. Infatti "l’altro è lo scopo stesso della creazione dell’adam, dell’uomo: 



“Il Creatore ha creato il primo essere umano 
  Adam 
a Sua immagine, quindi capace di esprimersi 
Amar  
perché aiuti sé e gli altri a scoprire la Verità 
  Emet
che trasforma ogni distruttiva inimicizia 
  Eiva 
in creativo amore 
  Ahavah

Cinque in fila, e al numero 5 corrisponde e sempre corrisponderà la gematrijah di chajim, vita”  (G. Limentani, Il Midrash. Come i Maestri ebrei leggevano e vivevano la Bibbia). Ristabiliti nel centro possiamo amare: il posto che Dio ci ha donato nel mondo è l'amore, l'unica Verità, Cristo stesso. Per questo siamo nel mondo ma non gli apparteniamo, perchè siamo di Cristo, consacrati nella sua Verità per testimoniarla al mondo: "Consacrali nella verità. Io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati in verità. I discepoli devono essere coinvolti nella consacrazione di Gesù; anche in loro deve compiersi questo passaggio di proprietà, questo trasferimento nella sfera di Dio e con ciò realizzarsi il loro invio nel mondo... il loro passaggio nella proprietà di Dio, la loro consacrazione  è legata alla consacrazione di Gesù Cristo, è partecipazione al suo essere consacrato... Secondo il Libro dell'Esodo la consacrazione sacerdotale dei figli di Aronne si compie mediante la vestizione con gli indumenti sacri e mediante l'unzione; nel rituale del giorno dell'Espiazione si parla anche di un bagno completo primo di indossare le vesti sacre. I discepoli di Gesù vengono santificati, consacrati «nella verità». La verità è il lavacro che li purifica, la verità è la veste e l'unzione di cui hanno bisogno. Questa «verità» purificatrice e santificatrice, in ultima analisi, è Cristo stesso. In Lui devono essere immersi, di Lui devono essere come «rivestiti», e così sono resi partecipi della sua consacrazione, del suo incarico sacerdotale, del suo sacrificio" (J. Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Volume II).


APPROFONDIMENTI


San Cipriano
«Siano una cosa sola»

        Fratelli, chi sarebbe tanto perfido e tanto forsennato nella sua passione della discordia da immaginarsi che si possa mettere in causa, e da osare pure stracciare, l'unità di Dio, il vestito del Signore, la Chiesa di Cristo (cf Gv 19,24). Nel suo Vangelo, Dio non fa forse intendere questo avvertimento: «diventeranno un solo gregge e un solo pastore» (Gv 10, 16)? Qualcuno pensa forse, detto questo, che nello stesso luogo, si possano trovare di norma più greggi e più pastori ? Sentite come l'Apostolo Paolo ci raccomanda nello stesso modo questa unità : « Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti...sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace » (1 Cor 1, 10 e Ef 4, 2-3). 

        Pensate, dunque, di stare in piedi e di continuare a vivere, se abbandonate la Chiesa per stabilire altrove la vostra dimora, per allontanare da essa la vostra casa ? Riguardo alla Pasqua, non è forse scritto nel libro del Esodo che l'Agnello, la cui immolazione significa quella di Cristo, deve essere mangiato in una sola casa (Es 12, 46) ? La carne di Cristo, la cosa santa del Signore, e neppure la carne dell'agnello, non la si può gettare fuori casa. Per i credenti, non c'è dunque altra dimora se non la Chiesa una. E questa dimora, questo luogo di un pensiero unanime, lo Spirito Santo la designa quando suggerisce nel salmo (122) :  « Signore, fai abitare nella stessa casa i cuori unanimi ». È nella dimora di Dio, nella Chiesa di Cristo che abitano questi cuori unanimi, e che possono stabilirvisi nella concordia e nella semplicità.


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