2 agosto. Perdono di Assisi




Quella notte in cui Cristo apparve a san Francesco che pregava in Porziuncola 


All'origine della «Festa del Perdono» c'é un episodio della vita di san Francesco. Una notte del 1216, era immerso nella preghiera alla Porziuncola. All'improvviso entrò una luce fortissima e Francesco vide sopra l'altare il Cristo e alla sua destra la Madonna e gli Angeli. Gli chiesero che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta fu immediata: «Santissimo Padre, benché io sia misero e peccatore, ti prego di concedere ampio e generoso perdono». La sua richiesta fu esaudita così da quell'anno, dopo aver ricevuto il permesso dal Pontefice Onorio III, il 2 Agosto si celebra la «Festa del Perdono» a Santa Maria degli Angeli ma anche in tutte le parrocchie e le chiese francescane. E' concessa l'indulgenza a chi si comunica, si confessa c prega per il Papa 

Dal mezzogiorno del 1° Agosto alla mezzanotte del giorno seguente si può ottenere, una sola volta l’indulgenza plenaria della Porziuncola.





QUI LA STORIA, LE CONDIZIONI PER RICEVERE L'INDULGENZA E UN BELLISSIMO TESTO DEL CARD. RATZINGER E IL FILM "FRANCESCO" DI LILIANA CAVANI (che potreste vedere oggi in famiglia o con gli amici)






Ispirato da Dio in una visione, alla quale alluderà egli stesso, Francesco concepì il disegno di domandare, per la sua Porziuncola, un privilegio che poteva sembrar follia per un luogo così umile e sconosciuto.
Da un antico racconto, che il Sabatier e il Faloci giudicarono la più genuina narrazione dello straordinario evento, sappiamo che il Santo colse il momento dell’elezione di Onorio III per la sua grande richiesta:

“Trovandosi il beato padre Francesco presso santa Maria della Porziuncola, una notte gli fu rivelato dal Signore che doveva recarsi dal sommo Pontefice messer Onorio, che era allora a Perugia, per impetrare l’indulgenza per la chiesa stessa di S. Maria della Porziuncola allora da lui riparata.

Egli, levandosi al mattino, chiamò il suo compagno fra Masseo da Marignano e recatosi dal detto messer Onorio gli disse: ‘Padre santo mio signore, poco tempo fa ho restaurato in onore della Vergine gloriosa una chiesa; supplico la Santità Vostra che vi poniate un’indulgenza senza offerte’. Rispondendogli, il Papa disse: ‘Non è opportuno far questo; chi infatti richiede un’indulgenza, bisogna che stenda la sua mano in aiuto. Ma dimmi quanti anni vuoi e quanto d’indulgenza io vi debba porre’. San Francesco gli rispose: ‘Padre santo, piaccia alla Santità Vostra non darmi anni ma anime!’. E il signor Papa disse: ‘Come, vuoi anime?’. Disse il beato Francesco: ‘Voglio, Padre santo, se piace alla Vostra Santità, che quanti confessati e contriti, e, com’è dovere, assolti dal sacerdote, entreranno in quella chiesa, siano liberati dalla pena e dalla colpa, in cielo e in terra, dal giorno del battesimo fino al giorno e all’ora dell’ingresso nella detta chiesa’. E il signor Papa soggiunse: ‘È assai e grande cosa ciò che tu chiedi, Francesco, ma mai la Curia romana fu solita concedere una tale indulgenza’.

Disse il beato Francesco: ‘Signore, ciò che chiedo, non lo chiedo per mia iniziativa, ma da parte di Colui che mi ha mandato, cioè il Signore Gesù Cristo’. Allora il Papa subito lo interruppe, dicendo per tre volte: ‘Ci piace che tu l’abbia!’. Allora i signori cardinali che erano presenti intervennero: ‘Badate, Signore, che se concedete a costui una tale indulgenza, distruggete quella d’oltremare’.

Il signor Papa rispose: ‘Gliela abbiamo data e concessa; non possiamo né dobbiamo annullare ciò che abbiamo fatto. Ma modifichiamola, affinché sia estesa soltanto a un unico giorno naturale’. Allora richiamò frate Francesco e gli disse: ‘Ecco che da questo momento concediamo che chiunque si recherà alla detta chiesa e vi entrerà contrito e ben confessato, sia assolto dalla pena e dalla colpa. E vogliamo che ciò valga ogni anno in perpetuo, solo per un giorno naturale, dai primi vespri inclusa la notte fino ai vespri del giorno successivo’. Allora il beato Francesco, chinato il capo, usciva dal palazzo. E il signor Papa vedendolo partire lo richiamò dicendogli: ‘O semplicione, come te ne vai? Che cosa porti con te di questa indulgenza?’ Il beato Francesco rispose: ‘Mi è sufficiente la sola vostra parola. Se è opera di Dio, deve Lui manifestare l’opera sua! Di questo non voglio altro documento; ma che soltanto sia la carta la beata Vergine Maria, Cristo sia il notaio e testimoni gli Angeli’”.

Successive tradizioni hanno precisato che il 2 agosto di quello stesso 1216 fu consacrata la cappella della Porziuncola con la partecipazione di sette vescovi dell’Umbria. In quella occasione fu lo stesso san Francesco ad annunciare alla folla dei devoti presenti la straordinaria indulgenza, che aveva ottenuto dal papa.




CONDIZIONI PER RICEVERE L'INDULGENZA PLENARIA DEL PERDONO DI ASSISI,
(per sé o per i defunti) 


· Confessione sacramentale per essere in grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti); 

· Partecipazione alla Messa e Comunione eucaristica; 

· Visita alla chiesa della Porziuncola in Assisi, o ad una chiesa parrocchiale, o ad una chiesa francescana dove si rinnova la professione di fede, mediante la recita del CREDO, per riaffermare la propria identità cristiana; 

· La recita del PADRE NOSTRO, per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo; 

· Una preghiera secondo le intenzioni del Papa, per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice. 

· Una preghiera per il Papa.
 



IL FILM DI LILIANA CAVANI












Joseph Ratzinger. La Porziuncola di San Francesco d’Assisi. Che cosa significa l’indulgenza? 


Se si arriva ad Assisi provenendo da sud, sulla pianura che si estende davanti alla città si incontra dapprima la maestosa basilica di Santa Maria degli Angeli, dei secoli XVI e XVII, con una facciata classicistica del secolo scorso. Per dire la verità, essa mi lascia piuttosto freddo; è difficile cogliere qualcosa della semplicità e dell'umiltà di san Francesco in questo edificio che si presenta con tanta magnificenza esteriore. Quel che cerchiamo, lo troviamo però al centro della basilica: una cappella medievale in cui degli antichi affreschi ci raccontano episodi della storia della salvezza e della vita di san Francesco, che proprio in questo luogo visse importanti esperienze. In quello spazio basso e poco illuminato possiamo percepire qualcosa del raccoglimento e della commozione che vengono dalla fede dei secoli, che qui ha trovato un luogo di riparo e di orientamento. Al tempo di san Francesco il territorio circostante era coperto di boschi, paludoso e disabitato.

Nel terzo anno dalla sua conversione Francesco si imbatté in questa piccola chiesa, ormai del tutto cadente, che apparteneva all'abbazia benedettina del monte Subasio. Come aveva già fatto in precedenza con le due chiese di San Damiano e di San Pietro, restaurate con le sue mani, Francesco si mise al lavoro anche qui, nella chiesetta della Porziuncola dedicata a Santa Maria degli Angeli, in cui egli venerava la Madre di ogni bontà. Lo stato di abbandono in cui si trovavano tutte queste piccole chiese dovette parergli un triste segno della condizione della Chiesa stessa; egli ancora non sapeva che, restaurando quegli edifici, si stava preparando a rinnovare la Chiesa vivente. Ma proprio in questa cappella gli si fece incontro la chiamata definitiva, che diede alla sua missione la sua vera forma e permise la nascita dell'ordine dei Frati Minori, che peraltro all'inizio non fu affatto pensato come ordine religioso, ma come un movimento di evangelizzazione che doveva raccogliere di nuovo il popolo di Dio per il ritorno del Signore.

A Francesco accadde quello che nel terzo secolo era già accaduto a sant'Antonio d'Egitto: udì durante una celebrazione liturgica il vangelo della chiamata dei dodici da parte del Signore, che affidava loro il compito di annunciare il regno di Dio e di mettersi in cammino a questo scopo, senza averi e senza sicurezze mondane. Inizialmente Francesco non aveva compreso del tutto quel testo; se lo fece quindi spiegare dal sacerdote e a quel punto gli fu chiaro che quello era anche il suo compito. Depose le sue calzature, tenne solo una tunica e si accinse ad annunciare il regno di Dio e la penitenza. Attorno a lui si raccolsero a poco a poco dei compagni che, come i dodici, cominciarono a loro volta ad andare di luogo in luogo e ad annunciare il vangelo che per loro, come per Francesco, significava gioia per quel nuovo inizio, gioia per il cambiamento che si era prodotto nelle loro vite, per il coraggio della penitenza.

La Porziuncola era divenuta per Francesco il luogo dove finalmente aveva compreso il vangelo, perché non lo accostava più a teorie e glosse esplicative, ma voleva viverlo alla lettera. Si era infatti accorto che non si trattava di parole del passato, ma di un appello che si rivolgeva direttamente ed esplicitamente a lui come persona.

Per questo sempre alla Porziuncola consegnò a santa Chiara l'abito religioso, dando così inizio al ramo religioso femminile del suo Ordine, chiamato a dare un sostegno interiore al compito evangelico mediante la preghiera.

Per questo, quando si sentì prossimo alla morte, volle essere trasportato proprio in quel luogo.

Porziuncola significa piccola porzione, piccolo pezzo di terra. Francesco non volle mai che essa diventasse di proprietà dei suoi frati, preferì che i benedettini la concedessero loro in uso; e proprio in quel modo, come qualcosa che non era di proprietà, doveva esprimere la vera proprietà e l'autentica novità del suo movimento. Per esso doveva valere la parola del salmo 16, che nell' Antico Testamento esprimeva il particolare destino della tribù sacerdotale di Levi, cui non apparteneva nessuna terra, perché la sua unica terra era Dio stesso: «Tu, o Signore, sei mia parte e mia eredità - sì, della mia eredità mi sono compiaciuto».

La Porziuncola - lo abbiamo visto - è anzitutto un luogo, ma grazie a Francesco d' Assisi è divenuto una realtà dello spirito e della fede, che proprio qui si fa sensibile e diventa un luogo concreto in cui possiamo entrare, ma grazie al quale possiamo anche accedere alla storia della fede e alla sua forza sempre efficace.

Che poi la Porziuncola non ci ricordi solo grandi storie di conversione del passato, non rappresenti solo una semplice idea, ma riesca ancora ad accostarci al legame vivente di penitenza e di grazia, ciò dipende dal cosiddetto perdono d' Assisi, che più propriamente dovremmo chiamare perdono della Porziuncola. Qual è il suo vero significato? Secondo una tradizione che sicuramente risale almeno alla fine del secolo XIII, Francesco nel luglio del 1216 avrebbe fatto visita nella vicina Perugia al papa Onorio III, subito dopo la sua elezione, e gli avrebbe sottoposto una richiesta inusuale: chiese al pontefice di concedere l'indulgenza plenaria per tutta la loro vita precedente a tutti coloro che si fossero recati nella chiesetta della Porziuncola, confessandosi e facendo penitenza dei propri peccati.

Il cristiano di oggi si chiederà che cosa possa significare un tale perdono, dal momento che presupponeva comunque penitenza personale e confessione. Per comprenderlo dobbiamo tener presente che a quel tempo, malgrado tanti cambiamenti, continuavano a valere gli elementi essenziali della disciplina penitenziale dell'antica Chiesa. Tra questi vi era
la convinzione che, dopo il battesimo, il perdono non potesse essere concesso semplicemente con l'atto dell'assoluzione, ma - come già in precedenza nella preparazione al battesimo - che esigesse un cambiamento reale di vita, una rimozione interiore del male. L'atto sacramentale doveva legarsi a un atto esistenziale, a un lavoro profondo e reale sulla propria colpa, che veniva appunto chiamato penitenza. Perdono non significa che questo processo esistenziale diventa superfluo, ma che riceve un senso, che viene fatto proprio.

Al tempo di san Francesco come forma principale di penitenza imposta dalla Chiesa, in stretto rapporto con il perdono dei peccati, era invalso l'uso di intraprendere un grande pellegrinaggio, a Santiago, a Roma e, soprattutto a Gerusalemme. Il lungo, pericoloso e difficile viaggio a Gerusalemme poteva davvero diventare per molti pellegrini un viaggio interiore; tuttavia un aspetto molto concreto era anche il fatto che in Terra Santa le offerte che esso portava con sé erano divenute la fonte più importante per il mantenimento della Chiesa locale. In proposito non si dovrebbe storcere troppo facilmente il naso: in tal modo la penitenza acquistava anche una valenza sociale.

Se dunque - come vuole la tradizione - Francesco aveva avanzato la richiesta che tutto questo potesse essere ottenuto con la visita orante al santo luogo della Porziuncola, ciò era legato davvero a qualcosa di nuovo: una indulgenza, che doveva cambiare l'intera prassi penitenziale. Si può senz'altro comprendere che i cardinali fossero scontenti della concessione di questo privilegio da parte del papa e temessero per il sostentamento economico della Terra Santa, tanto che il perdono della Porziuncola fu inizialmente ridotto a un solo giorno all'anno, quello della dedicazione della Chiesa, il 2 agosto.

A questo punto, però, ci si domanda se il papa potesse far questo così semplicemente. Può un papa dispensare da un processo esistenziale, quale era quello previsto dalla grande prassi penitenziale della Chiesa? Ovviamente, no. Quel che è un' esigenza interiore dell'esistenza umana, non può essere reso superfluo mediante un atto giuridico. Ma non si trattava affatto di questo. Francesco, che aveva scoperto i poveri e la povertà, nella sua richiesta era spinto dalla sollecitudine per quelle persone a cui mancavano i mezzi o le forze per un pellegrinaggio in Terra Santa; coloro che non potevano dare nulla, se non la loro fede, la loro preghiera, la loro disponibilità a vivere secondo il vangelo la propria condizione di povertà. In questo senso l'indulgenza della Porziuncola è la penitenza di coloro che sono tribolati, che la vita stessa carica già di una penitenza sufficiente. Senza dubbio a ciò si legava anche un 'interiorizzazione del concetto stesso di penitenza, sebbene non mancasse certamente la necessaria espressione sensibile dal momento che implicava comunque il pellegrinaggio al semplice e umile luogo della Porziuncola, che allo stesso tempo doveva essere anche un incontro con la radicalità del vangelo, come Francesco l'aveva appresa proprio in quel posto.

È innegabile che all'idea di indulgenza che proprio qui gradatamente assunse il suo carattere specifico, si legava anche il pericolo di abusi, come la storia ci ha insegnato in termini sufficientemente drammaticiMa se alla fine si conserva solo il ricordo degli abusi, allora si è caduti in una perdita di memoria e in un atteggiamento di superficialità, con cui si danneggia soprattutto se stessi. Come sempre, infatti, ciò che è grande e puro è più difficile da vedere di ciò che è rozzo e meschino.

Ora non posso certo spiegare tutto il complesso intreccio di esperienze e di conoscenze che si è sviluppato a partire dall'evento della Porziuncola. Voglio solo cercare di tracciare le linee più importanti. Dopo la concessione di questa particolare indulgenza si arrivò ben presto a un passo ulteriore. Proprio le persone umili e di fede semplice finirono per chiedersi: perché solo per me stesso? Non posso forse comunicare anche ad altri quel che mi è stato dato in ambito spirituale, come avviene in ambito materiale? Il pensiero si rivolgeva soprattutto alle povere anime, a coloro che nella vita erano stati loro vicini, che li avevano preceduti nell'altro mondo e il cui destino non poteva essere loro indifferente. Si sapeva degli errori e delle debolezze delle persone che erano state care o dalle quali si erano forse ricevuti anche dei dispiaceri. Perché non ci si poteva preoccupare di loro? Perché non cercare di fare loro del bene anche al di là della tomba, di accorrere in loro aiuto, laddove possibile, nel difficile viaggio delle anime?

Qui si fa evidente un sentimento antico dell'umanità, che ha trovato molteplici espressioni nei culti degli antenati e dei morti lungo tutta la storia dell'umanità. La fede cristiana non ha affatto negato valore a tutto ciò, ma ha cercato di purificare questo sentimento e di farlo emergere nel suo senso più autentico. «Se viviamo, viviamo per il Signore; se moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, noi siamo del Signore», dice Paolo (Rm 14,8). Questo significa: il vero limite non è più la morte, ma l'appartenere o il non appartenere al Signore. Se gli apparteniamo, allora siamo vicini gli uni agli altri per mezzo di lui e in lui.

Per questo - era la conseguenza logica - c'è un amore che va al di là dei limiti della morte. Così, a chi chiedeva se qualcosa della forza donata dal perdono potesse essere comunicato anche all'aldilà, veniva risposto di sì, con la formula per modum suffragii - per mezzo della preghieraLa preghiera per i defunti, da sempre appartenente alla Chiesa, guadagnava così una particolare intensità. E questa promessa fu proprio ciò che fece dell'indulgenza un grande invito alla preghiera, al di là di tutti gli abusi e di tutti gli equivoci.

Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l'indulgenza in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d'Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera. Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera.
Indipendentemente da ogni teoria sull'indulgenza, era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti.

Nel corso del tempo, tuttavia, a tutto questo si aggiunse un'altra idea, che oggi può apparirci alquanto estranea, ma che, peraltro, contiene un'importante verità. Quanto più l'indulgenza veniva intesa come un porsi a sostegno degli altri, tanto più si faceva strada un altro concetto, che dava un fondamento teologico a questa nuova forma e, nel contempo, la avviava verso sviluppi ulteriori. La preghiera indirizzata all'altro mondo implicava necessariamente l'idea della comunione dei santi e della comunicazione dei beni spirituali.

A questo punto vi chiederete ancora una volta: ma che cosa significa tutto questo? non si tratta forse di un insensato mercantilismo religioso? La domanda si fa più acuta se si tiene conto che si parlava proprio di tesoro della Chiesa, che consisteva nei meriti accumulati dai santi. Che cosa si intendeva dire? Non è forse vero che ognuno deve rispondere personalmente di se stesso? Che significato possono avere per me le buone opere compiute da un altro? Sono queste le domande che ci poniamo, perché, malgrado tutti gli ideali socialisti, continuiamo a vivere del meschino e ristretto individualismo dell'epoca moderna. In realtà, però, nessun uomo è chiuso in se stesso. Ciascuno di noi vive in rapporto con gli altri e dipende dagli altri, non solo dal punto di vista materiale, ma anche da quello spirituale, culturale e morale.

Cerchiamo di esemplificare questo concetto cominciando dal suo versante negativo. Vi sono persone che non distruggono solo se stesse, ma portano alla rovina anche gli altri, lasciando dietro di sé forze di distruzione che spingono verso il negativo intere generazioni. Se pensiamo ai grandi seduttori del nostro secolo, sappiamo quanto ciò sia reale. La negazione di uno diventa una malattia contagiosa, che coinvolge anche gli altri.

Ma, grazie a Dio, ciò non vale solo per il negativo. Vi sono persone che lasciano dietro di sé una sorta di sovrappiù d'amore, di dolore sofferto e vissuto fino in fondo, di letizia, sincerità e verità, che prende anche gli altri, li accompagna e li sostiene. Esiste davvero qualcosa come la sostituzione vicaria nel più profondo dell'esistenza. Tutto il mistero di Cristo poggia proprio su questo.

Ora si può dire: bene, è così. Ma allora basta il sovrappiù dell'amore di Cristo, non c'è bisogno d'altro. Lui solo libera e redime, tutto il resto sarebbe presunzione, come se noi dovessimo aggiungere qualcosa all'infinità del suo amore con la nostra finitudine. È vero, ma non è vero del tutto. Infatti la grandezza dell'amore di Cristo è tale che non ci lascia nella condizione di chi riceve passivamente, ma ci coinvolge fino in fondo nella sua opera e nella sua passione. Lo afferma un celebre passo della lettera ai Colossesi: «Compio nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo, per il suo corpo» (Col 1,24).

Ma vorrei far riferimento anche a un altro passo neotestamentario, in cui mi pare che questa verità sia espressa in modo meraviglioso. L'Apocalisse di san Giovanni parla della sposa, la Chiesa, in cui è raffigurata l'umanità salvata. Mentre la meretrice Babilonia appare vestita di abiti e ornamenti lussuosi e appariscenti, la sposa indossa solo una semplice veste di lino bianco, sia pure di quel bisso puro e splendente che è particolarmente prezioso. In proposito il testo osserva: «Questa veste di lino sono le opere giuste dei santi» (Ap 19,8). Nella vita dei santi viene tessuto questo radioso bisso bianco, che è l'abito dell'eternità.

Usciamo dalla metafora: nell'ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c'è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica. È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi.

Chiedere l'indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione. La svolta nell'idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall'ansia e dall'egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.

Così la Porziuncola e l'indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?

L'indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell'abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza.

L’indulgenza in fondo è un po' come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l'umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull'apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia.







IL DILOMA DI TEOBALDO
Fonti Francescane 3391-3399

Il “Diploma” scritto da Teobaldo (frate minore e vescovo di Assisi), emanato dalla curia vescovile il 10 agosto 1310, rappresenta il punto d’arrivo e il perfezionamento formale della documentazione riguardante la complessa vicenda dell’origine dell’Indulgenza della Porziuncola. Per questa sua caratteristica di ufficialità, il Diploma è chiamato anche “Canone Teobaldino”. Il documento, per quanto motivato da preoccupazione polemica contro i detrattori dell’Indulgenza, è impostato con impeccabile rigore narrativo e giuridico, saldamente ancorato alla realtà del momento drammaticamente teso ad evadere dal dilemma “vero-falso” per rifugiarsi nel “vero” dell’Indulgenza.
Nel corso dei secoli la concessione subirà molte variazioni, fino ad un massimo d’estensione, a tutti i giorni per la chiesa della Porziuncola, per tutte le chiese francescane e non il solo 2 agosto. La disciplina attuale è stata fissata da Paolo VI nella Lettera Apostolica Sacrosancta Porziuncolae Ecclesia del 14 luglio 1966, inviata al Vicario Generale dell’Ordine dei Frati Minori, fr Costantino Koser in occasione del 750° anno della concessione dell’Indulgenzia della Porziuncola.
Segue il testo, in italiano, del Diploma di Teobaldo e il video di una parziale lettura che se ne fa nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli il mezzogiorno del 1 agosto, dichiarando così l’apertura della Solennità del Perdono di Assisi o Indulgenza della Porziuncola.

Frate Teobaldo, per grazia di Dio vescovo di Assisi, augura a tutti i fedeli di Cristo, che vedranno la presente lettera, la salvezza nel Salvatore di tutti.
A motivo della maldicenza di alcuni detrattori che, animati dallo zelo dell’invidia o forse dell’ignoranza, con facce di bronzo parlano contro l’Indulgenza di Santa Maria degli Angeli presso Assisi, siamo costretti a rendere noto a tutti i fedeli con la presente lettera le modalità e le caratteristiche dell’Indulgenza e in quali circostanze il beato Francesco, mentre era in vita, l’ottenne da papa Onorio.
Il beato Francesco risiedeva presso Santa Maria della Porziuncola, ed una notte gli fu rivelato dal Signore che si recasse dal sommo pontefice Onorio, che in quel tempo dimorava a Perugia, per impetrare una Indulgenza a favore della medesima chiesa di Santa Maria della Porziuncola, riparata allora da lui stesso. Egli, alzatosi di mattina, chiamò frate Masseo da Marignano, suo compagno, col quale si trovava, e si presentò al cospetto di papa Onorio, e disse: “Santo Padre, di recente, ad onore della Vergine Madre di Cristo, riparai per voi una chiesa. Prego umilmente vostra santità che vi poniate un’Indulgenza senza oboli”. Il papa rispose: “Questo, stando alla consuetudine, non si può fare, poiché è opportuno che colui che chiede un’Indulgenza la meriti stendendo la mano ad aiutare, ma tuttavia indicami quanti anni vuoi che io fissi riguardo all’Indulgenza”. San Francesco gli rispose: “Santo Padre, piaccia alla vostra santità concedermi, non anni, ma anime”. Ed il papa riprese: “In che modo vuoi delle anime?”. Il beato Francesco rispose: “Santo Padre, voglio, se ciò piace alla vostra santità, che quanti verranno a questa chiesa confessati, pentiti e, come conviene, assolti dal sacerdote, siano liberati dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del battesimo al giorno ed all’ora dell’entrata in questa chiesa”. Il papa rispose: “Molto è ciò che chiedi, o Francesco; non è infatti consuetudine della Curia romana concedere una simile indulgenza”. Il beato Francesco rispose: “Signore, ciò che chiedo non viene da me, ma lo chiedo da parte di colui che mi ha mandato, il Signore Gesù Cristo”. Allora il signor papa, senza indugio proruppe dicendo tre volte: “Ordino che tu l’abbia”.
I cardinali presenti obiettarono: “Badate, signore che se concedete a costui una tale Indulgenza, farete scomparire l’Indulgenza della Terra Santa e ridurrete a nulla quella degli apostoli Pietro e Paolo, che sarà tenuta in nessun conto”. Rispose il papa: “Gliela abbiamo data e concessa, non possiamo né è conveniente annullare ciò che è stato fatto, ma regoliamola in modo tale che la sua validità si estenda solo per una giornata”.
Allora chiamò san Francesco e gli disse: “Ecco, da ora concediamo che chiunque verrà ed entrerà nella predetta chiesa, opportunamente confessato e pentito, sia assolto dalla pena e dalla colpa; e vogliamo che questo valga ogni anno in perpetuo ma solo per una giornata, dai primi vespri compresa la notte, sino ai vespri del giorno seguente”.
Mentre il Beato Francesco, fatto l’inchino, usciva dal palazzo, il papa, vedendolo allontanarsi, chiamandolo disse: “O semplicione dove vai? Quale prova porti tu di tale Indulgenza?”. E il Beato Francesco rispose: “Per me è sufficiente la vostra parola. Se è opera di Dio, tocca a Lui renderla manifesta. Di tale Indulgenza non voglio altro istrumento, ma solo che la Vergine Maria sia la carta, Cristo sia il notaio e gli Angeli siano i testimoni”.
Egli poi, lasciando Perugia e ritornando verso Assisi, a metà strada, in una località che è chiamata Colle, ove era un lebbrosario, riposandosi un po’ con il compagno, si addormentò. Al risveglio, dopo la preghiera, chiamò il compagno e gli disse: “Frate Masseo, ti dico da parte di Dio che l’Indulgenza concessami dal sommo pontefice è confermata in cielo”. E questo lo riferisce frate Marino, nipote del detto frate Masseo, che lo udì di frequente dalla bocca del proprio zio. E questo frate Marino da poco tempo, verso il 1307, carico d’anni e di meriti, si è addormentato nel Signore.
Dopo la morte del beato Francesco poi, frate Leone, uno dei suoi compagni, uomo di vita esemplare, così come l’aveva udita dalla bocca di san Francesco e frate Benedetto d’Arezzo, parimenti compagno di san Francesco e frate Rainerio d’Arezzo, come l’avevano udita da frate Masseo, riferirono attorno a questa Indulgenza molte cose, sia ai frati sia ai laici, molti dei quali sono ancora in vita e attestano tutte queste cose.
Con quanta solennità poi fu resa pubblica l’Indulgenza nell’occasione della consacrazione della stessa chiesa da parte di sette vescovi, non intendiamo scrivere se non soltanto quello che Pietro Zalfani, presente a detta consacrazione, affermò davanti a frate Angelo ministro provinciale, a frate Bonifazio, frate Guido, frate Bartolo da Perugia e ad altri frati del convento della Porziuncola: e cioè che egli era presente alla consacrazione di quella chiesa, che fu celebrata il 2 agosto ed aveva ascoltato il Beato Francesco mentre predicava alla presenza di quei vescovi; che egli aveva in mano la “cedola” (foglio di pergamena) e diceva: “Io vi voglio mandare tutti in paradiso e vi annuncio una Indulgenza che ho ottenuto dalla bocca del sommo pontefice. Tutti voi che siete venuti oggi, e tutti coloro che ogni anno verranno in questo giorno, con buona disposizione di cuore e pentiti, abbiano l’Indulgenza di tutti i loro peccati”.
Pertanto, abbiamo premesso queste cose, riguardo all’Indulgenza, per coloro che ne erano all’oscuro, affinché non siano scusati più a lungo per la loro ignoranza e soprattutto per gli invidiosi e i detrattori, che in alcune parti si adoperano a distruggere, sopprimere e condannare quello che tutta l’Italia, la Francia, la Spagna e le altre province, sia al di qua che al di là dei monti, anzi quello che Dio stesso, ad onore della sua Madre santissima, da cui si intitola l’indulgenza, con frequenti ed evidenti miracoli, quasi ogni giorno magnificano, glorificano e diffondono. In quale modo essi potranno, con i loro perversi ragionamenti infirmare ciò che da tanto tempo dura in tutta la sua forza e vigore, davanti a tutta la Curia romana? Infatti, lo stesso signor papa Bonifacio VIII, anche ai nostri giorni, ha inviato a questa Indulgenza alcuni rappresentanti ufficiali, perché la predicassero solennemente in suo nome, nel giorno del perdono. Inoltre, anche alcuni cardinali, venendo di persona a questa Indulgenza, nella speranza di conseguire il perdono, con la loro presenza l’approvarono come vera e certa.
A testimonianza e in fede di tutto ciò, abbiamo inviato questa lettera munita del nostro sigillo.


Dato in Assisi, nella festa di San Lorenzo dell’anno del Signore 1310.




LE PRIME TESTIMONIANZE

Voci di genti di lingue diverse ...

Il papa, vedendolo allontanarsi, chiamandolo disse: “O semplicione dove vai? Quale prova porti tu di tale Indulgenza?”.
E il Beato Francesco rispose: “Per me è sufficiente la vostra parola. Se è opera di Dio, tocca a Lui renderla manifesta. Di tale Indulgenza non voglio altro istrumento, ma solo che la Vergine Maria sia la carta, Cristo sia il notaio e gli Angeli siano i testimoni”.

Dell’Indulgenza, nelle Vite di san Francesco più antiche e autorevoli, non si trovano esplicite testimonianze. Solo nella Vita seconda del Celano il mistero sembra infrangersi. Parlando ancora della Porziuncola, scelta da san Francesco come “particella del mondo per sé e per i suoi”, conclude: “Il Padre beato soleva dire essergli stato rivelato da Dio che la beata Vergine, tra le altre chiese costruite nel mondo in suo onore, quella prediligeva; e perciò il Santo l’amava più delle altre”. Proprio a questo punto, il Celano inserisce questa visione: “Un santo frate, prima della sua conversione, aveva avuto, a proposito di S. Maria degli Angeli, una visione degna di essere riferita. Stava osservando innumerevoli ciechi, che con gli occhi dolorosamente spenti e la faccia rivolta al cielo, erano inginocchiati attorno alla detta chiesa. Tutti, con voce di pianto e le mani protese in alto, gridavano a Dio, chiedendo luce e misericordia. Ed ecco, scese dal cielo uno splendore, che, irradiandosi su tutti, donò a ciascuno la luce e la salvezza desiderata”. È quasi impossibile - soprattutto se si considera la collocazione di questo racconto - non vedervi un’allusione assai trasparente all’Indulgenza.
Stando ai documenti ritrovati le primissime testimonianze scritte risalgono a sei decenni dopo quell’annuncio giunto fino a noi: “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Particolarmente preziosa, nel 1277, è la testimonianza di Pietro Zalfani, un nobile assisano, il quale dichiarò di aver assistito, nel 1216, alla consacrazione della Porziuncola e di aver udito da san Francesco la proclamazione dell’Indulgenza.
Non sappiamo quanto numeroso fosse l’uditorio che il 2 agosto 1216 ascoltò san Francesco promulgare l’Indulgenza, né possiamo dare sicura fiducia all’elenco, trasmesso da Michele Bernardi, di nobili di Assisi, di Perugia, di Foligno e di altri paesi vicini. Ma da un lavoro di Arnaldo Fortini, attraverso il quale si è risaliti ad una precisa identificazione storica di alcuni dei nobili elencati, si traggono elementi a favore dell’autenticità di quell’evento per quanto fosse rimasto inizialmente circoscritto.
Nel giro di un sessantennio dal 1216, la notizia della straordinaria concessione fatta a san Francesco, anche se divulgata con prudente cautela dopo il primo solenne annuncio, per non accrescere opposizioni e invidiose gelosie che subito si manifestarono, si diffuse a macchia d’olio, attirando alla Porziuncola folle sempre più numerose da regioni via via più lontane, e ben presto fu nota nel mondo come il “Perdono d’Assisi”. E tutto questo avvenne sotto gli occhi della Curia romana, che mai intervenne per arginare o sospendere questo afflusso crescente di fedeli verso Santa Maria degli Angeli.
L. Wadding attesta che il beato Francesco da Fabriano si recò alla Porziuncola, giovane novizio francescano, per lucrare l’Indulgenza nel 1268. Qui egli incontrò frate Leone, uno dei primi compagni di San Francesco, e ne lesse gli “scritti”.
Il 31 ottobre 1277fra Benedetto d’Arezzo e fra Raniero di Mariano d’Arezzo attestarono di aver udito da fra Masseo, che aveva accompagnato a Perugia san Francesco, la narrazione della concessione dell’Indulgenza. Allo stesso racconto di fra Masseo si riferiscono le testimonianze che vengono attribuite a fra Oddone d’Acquasparta e a fra Marino d’Assisi, nipote di fra Masseo, che asserisce di aver udito dallo stesso zio le cose che attesta.
Il 19 agosto, probabilmente dello stesso 1277frate Angelo raccolse la testimonianza di Giacomo Coppoli di Perugia, il quale disse di aver avuto da fra Leone la conferma della validità dell’Indulgenza, perché accreditata dal racconto di san Francesco stesso proprio a lui, frate Leone. A questi, il Santo avrebbe raccomandato di tener segreto il fatto fin verso la fine della sua vita. Un particolare, questo, che potrebbe spiegare la ragione del lungo silenzio letterario sull’Indulgenza.
Indipendente dalla raccolta di frate Angelo, ma attribuibile, pare, agli anni 1279-’80, è laQuaestio de Indulgentia Portiunculae di Pier Giovanni Olivi. Il celebre teologo che, intorno al 1279, si recò, forse ripetutamente, alla Porziuncola, sentì il bisogno di dare una giustificazione teologica al grande privilegio dell’Indulgenza, della quale mostra di conoscere i particolari storici.
Attesta, tra l’altro, l’impressionante afflusso di pellegrini all’Indulgenza e riferisce di aver sentito, da un uomo degno di fede, che questi aveva spesso sentito frate Egidio, compagno di san Francesco, narrare come il Santo invitasse frequentemente i primi compagni ad ascoltare ciò che egli sentiva, cioè “voci di genti di lingue diverse” dirette verso la Porziuncola; e che lo stesso frate Egidio era solito dire che se il mondo sapesse le grazie compiute in quel luogo, non soltanto dai luoghi vicini dovrebbero venire, ma anche dai confini della terra; e non solo i fedeli, ma gli stessi infedeli”. Parole misteriose, che sembrano confermare il “teneas secretum...” imposto a frate Leone. Questa prima serie di testimonianze sembrò momentaneamente tacitare l’opposizione, che ben presto riprese sempre accanita.
Fu allora che il vescovo di Assisi Teobaldo Pontani, quasi certamente il 10 agosto 1310, redasse il documento, oggi noto come “Diploma di Teobaldo”, del quale continuano ad affiorare da vari archivi d’Italia e d’Europa le varie copie spedite da Assisi con data aggiornata al momento della spedizione. Teobaldo, dopo aver narrato il fatto della concessione fatta a san Francesco da Onorio III, riportava, a conferma, i vari nomi di fra Marino, fra Leone, Benedetto d’Arezzo, Pietro Zalfani già da noi citati, dichiarando di avere scritto queste cose sia per illuminare gli ignoranti, sia “soprattutto per gli invidiosi e i detrattori, che in alcune parti si adoperano a distruggere e condannare quello che tutta l’Italia, la Francia, la Spagna e altre provincie […] quasi ogni giorno magnificano, glorificano e diffondono”.
E concludeva chiedendosi come si potesse infirmare “ciò che da tanto tempo dura, in tutta la sua forza e vigore, davanti a tutta la Curia romana”; infatti lo stesso Bonifacio VIII aveva inviato recentemente “a questa Indulgenza, rappresentanti ufficiali, perché la predicassero solennemente in suo nome, nel giorno del Perdono; e alcuni cardinali, venendo di persona a questa Indulgenza, nella speranza di conseguire il Perdono, con la loro presenza l’approvavano come vera e certa”. Già prima di Teobaldo, nel 1305, aveva espresso una testimonianza importante sull’Indulgenza il teologo Ubertino da Casale, che fin dal 2 agosto 1284, era venuto, proveniente da Greccio dove ne aveva avuta notizia da fra Giovanni da Parma, alla Porziuncola per lucrare l’Indulgenza, ricevendone una speciale illuminazione e stimolo a più intensa vita spirituale.
Quasi a suggello del perentorio documento teobaldino, il 24 luglio 1311, il beato Giovanni della Verna, confermava, in una deposizione fatta sul sacro monte dove abitava, tutte le attestazioni raccolte da frate Angelo da Perugia. Di lui, più volte confessore alla Porziuncola per la festa del “Perdono”, sappiamo dal Wadding (dai suoi Annales) che, forse nel 1309, aveva incontrato a Santa Maria degli Angeli, un penitente quasi centenario, dal quale aveva saputo che san Francesco, ospite spesso in casa sua, era stato accolto da suo padre anche quando andava a Perugia per domandare l’Indulgenza al papa; e, proprio per questo, fin da giovane, non era mai mancato alla celebrazione del 2 agosto alla Porziuncola. Le numerose testimonianze raccolte sull’autenticità dell’Indulgenza della Porziuncola avrebbero dovuto chiudere definitivamente, in modo positivo, ogni discussione e dissolvere ogni dubbio.
Anche il beato Francesco da Pesaro, guarito da una grave malattia, nella prima metà del 1300si recò in pellegrinaggio ad Assisi per lucrare l’Indulgenza della Porziuncola e ringraziare il Signore.
La soluzione evidente e sicura è quella che il papa Martino IV espresse a fra Matteo d’Acquasparta: “[...] non è verosimile che un sì gran Santo facesse e predicasse qualcosa pubblicamente nella Chiesa di Dio senza avere un sicuro e stabile fondamento”. A questo criterio si è attenuta la Chiesa, che, lungo i secoli, ha ampliato il “Perdono d’Assisi”, estendendolo prima a tutte le chiese francescane (papa Gregorio XV, 1622), poi a tutte le cattedrali, poi, a meno che esista vicino una chiesa francescana, a tutte le chiese parrocchiali. In virtù del Breve Pontificio “Constat Apprime” di Benedetto XV del 16 aprile 1921 l’Indulgenza si può lucrare alla Porziuncola tutti i giorni dell’anno. Francesco aveva ottenuto dal papa un’Indulgenza plenaria, per il 2 agosto, perché ne fossero personalmente rinnovate le anime dei devoti visitatori della Porziuncola.


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