Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario





La malattia tipica della Chiesa ripiegata su se stessa è l'autoreferenzialità: 
guardarsi allo specchio, incurvarsi su se stessa... 
È una specie di narcisismo, che ci conduce alla mondanità spirituale e al clericalismo sofisticato

Papa Francesco



Dal Vangelo secondo Marco 8, 14-21

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. 
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».






SULLA BARCA DELLA CHIESA PER COMPRENDERE L'AMORE DI DIO E ABBANDONARE L'IPOCRISIA




"Comprendiamo" quello che sta accadendo? I ventuno copti sgozzati in Libia qualche tempo fa dai miliziani dello Stato Islamico "dicevano solamente 'Gesù aiutami'. Il sangue dei nostri fratelli cristiani è una testimonianza che grida" (Papa Francesco). Il mare solcato dalla barca di Gesù si tinge dunque di rosso, e noi? Ci giunge oggi il grido dei fratelli che hanno offerto la vita per amore a Lui? Riesce a scartavetrare le pareti del cuore levigate come il marmo di una tomba? La loro testimonianza ci interroga oppure siamo indifferenti, sedotti dal mondo e dai crampi della fame? Forse cominciamo a sentire un po' di paura per il pericolo così vicino, ma è cosa molto superficiale, vero? Ti infilerai in macchina o sulla metro e via, dentro un'altra giornata nella quale, come i discepoli saliti sulla barca con Gesù, "discuteremo perché non abbiamo pane". Mettiamola come vogliamo, dipingiamola con i colori più romantici che abbiamo, ma l'unico problema che ci assilla davvero è "il pane". Sono anni che non si parla d'altro: crescita, consumi, stipendi, pensioni. E' una vita che noi non parliamo d'altro. Per questo ci infiliamo nell'indifferenza come in un'armatura, illudendoci di poterci difendere dal grido dei martiri che si impone dinanzi a noi come un segno di contraddizione della nostra vita. Il loro sangue, infatti, disinfetta la realtà strappando la coltre d'ipocrisia con cui l'abbiamo avvolta. E' inutile, non potremo fuggire in eterno dalla verità che si cela negli eventi che ci attendono ogni giorno. Anche oggi, che in virtù della testimonianza dei nostri fratelli può essere finalmente diverso dai troppi ieri incartati nell'inautenticità. E' vero, anche noi come i discepoli "abbiamo dimenticato" di prendere i pani che Gesù ha moltiplicato; abbiamo cioè "trascurato" (secondo l'originale greco) i segni del suo amore nella nostra vita. Quando siamo stati amati, perdonati, curati e rigenerati "quante ceste colme di pezzi abbiamo portato via?". Tante, e nella sua sovrabbondanza siamo diventati sacerdoti, suore, mariti, mogli, e padri e madri. Quante volte il Signore ha moltiplicato il nostro piccolissimo desiderio di perdonare marito o moglie spingendoci ad umiliarci, e ha così risuscitato un matrimonio ormai spacciato... "Non vi ricordate quando" vi ho salvati da adulteri, furti, divisioni, peccati spesso gravi, traendo dalle situazioni più difficili e di peccato un'abbondanza di vita impensabile? Sì, lo ricordiamo, eppure il nostro cuore è ancora preoccupato per il pane, perché è una massa "indurita" infettato dal "lievito dei farisei e da quello di Erode". Siamo fermentati dallo stesso lievito che cortocircuita purezza religiosa e avidità della carne, preghiere e potere, sacrifici e prestigio, digiuni e successo. Siamo schiavi del sogno di una vita diversa che si nutre dell'idolatria perché abbiamo creduto al demonio che ci ha travestiti da dio. E così ci siamo allontanati dalla realtà che nega il carnevale nel quale riduciamo la nostra vita. Per questo, nonostante le esperienze dell’amore di Dio, siamo "ciechi" e "sordi", e "ancora non comprendiamo" chi Egli sia e come agisca nella storia. Ma coraggio, sulla barca che è immagine della Chiesa, basta "un solo pane", Cristo, l’unico necessario! Possiamo salirvi così come siamo, con il lievito ancora nel cuore, perché in essa vi è Lui, che ha il potere di farci “azzimi” per compiere nella Pasqua la nostra vita. Nella Chiesa, infatti, il Signore ci accoglie nel suo perdono che ci “purifica” sino in fondo, per affrontare con Lui la traversata che è immagine del cammino verso una fede adulta capace di "stare attenta e guardarsi" dal lievito del demonio. Solo essa ci dona il discernimento con cui "comprendere" gli eventi della nostra storia per riconoscere nel sangue dei nostri fratelli la chiamata del Signore ad offrire, in ogni circostanza, la nostra vita per testimoniare il suo amore. Nella certezza che il messaggio insanguinato dei fondamentalisti è l'ennesimo segno con cui Dio chiama i suoi figli a salire sulla Croce uniti a suo Figlio e amare. Anche loro.



UN ALTRO COMMENTO

Nella barca, immagine della Chiesa, basta "un solo pane". Possiamo salirvi con le nostre "dimenticanze", con le disattenzioni e le incoerenze, senza essere adeguati. Nella barca c'è Gesù, ed è tutto. Lui ha preso la debolezza dell'uomo, l'incapacità di sfamare che tutti ci accomuna, e ne ha fatto un prodigio. Ha attinto dai nostri peccati per donare vita in abbondanza! Questo è il mistero della Chiesa, la Pasqua di Gesù che si rinnova in essa perché i suoi araldi possano attingere dalle ceste e dalle sporte colme di pani avanzati, immagine della vita che ha sconfitto la morte e non si esaurisce. Non è la nostra esperienza? Non è per essere stati amati, perdonati, curati e rigenerati che oggi siamo sacerdoti, suore, mariti, mogli, e padri e madri? Non è perché Gesù ha chiamato e toccato la nostra insufficienza trasformandola in pane capace di sfamare chi ci è accanto che lo stiamo seguendo sulla barca? Quante volte il Signore ha moltiplicato il nostro pochissimo desiderio di perdonare marito o moglie accompagnandoci ad umiliarci risuscitando così un matrimonio ormai spacciato... Quante volte non solo ci ha salvati da adulteri, furti, divisioni, peccati spesso gravi ma ha anche tratto proprio dalle situazioni più difficili un'effervescenza e abbondanza di vita impensabili... Eppure lo dimentichiamo facilmente, incalzati dalla paura. Ecco, la Chiesa è anche questo manipolo di uomini e donne che "dimenticano" il pane, con una "trascuratezza" disarmante; è un popolo del tutto simile a quello di Israele, con il "cuore indurito". Di fronte alla storia che ci accoglie ogni giorno "abbiamo occhi ma non vediamo" oltre la superficie; abbiamo "orecchie ma non udiamo" quello che, proprio attraverso fatti e persone, Dio ci sta dicendo. Nonostante le esperienze fatte accanto a Gesù, "ancora non comprendiamo" chi Egli sia e come agisca nella storia. Come Israele vorremmo tutto e subito, dimenticando da dove il Signore ci ha tratto... 

Partiti con Lui non abbiamo apaerto gli occhi sulle insidie dell'ipocrisia figlia dell'idolatria, il "lievito dei Farisei e di Erode". Abbiamo tenuto nascosti i nostri idoli, i criteri e le passioni, gli affetti malsani e l'attaccamento al denaro; il clericalismo soprattutto, l'idolatria più subdola, capace di mimetizzarsi tra salmi e incensi. E' il cortocircuito tra i Farisei ed Erode, tra la purezza religiosa e l'avidità della carne: preghiere e potere, sacrifici e prestigio, digiuni e successo, per svelare che se la carne ha soffocato lo Spirito la religiosità diventa solo l'altra faccia della stessa medaglia. Ipocrisia e narcisismo, entrambi figli della paura. Non siamo anche noi fermentati da questo lievito? Non è l'ipocrisia a vestirci anche oggi, in una schizofrenia tra fede e vita che ci dilania? Siamo clericali e narcisisti, perché abbiamo posto noi stessi al centro della "barca": siamo i chierici della nostra vita, officiamo e presidiamo, sostituendoci a Dio in nome di Dio, e non "vediamo" più Gesù, l'unico pane di cui abbiamo bisogno, l'unico capace di darci vita autentica perchè sovrabbondante ed eterna. Abbiamo "trascurato" il suo amore che ci ha tratti dalla sponda del peccato, e dimenticato la debolezza che ci impediva la felicità. Per questo passiamo gran parte del nostro tempo a "discutere" sul pane! Ecco gli apostoli nei consigli pastorali a discutere del pane: i soldi, il successo dell'evangelizzazione, strumenti e metodi per riempire la Chiesa, idee e strategie per rendere più accattivante la liturgia, marketing spirituale perché la gente acorra e partecipi e dia una mano. La Chiesa come una holding, la parrocchia come un condominio, e il pane a catturare anuma e mente... Rivoluzioni ed elezioni, ideologie e filosofie, piani pastorali e criteri sulla famiglia, tutto figlio della cupidigia e della concupiscenza di chi ha dimenticato Dio. Non è Lui che celebriamo e ascoltiamo? No, non è Cristo, siamo noi il vero dio che regge la Chiesa... e la famiglia e la società.... Ma, nonostante la durezza del nostro cuore, siamo sulla "barca" dove il Signore ci ha chiamati per condurci nella precarietà di ogni giorno e insegnarci a non appoggiarci al nostro clericalismo, alla nostra intelligenza e a vivere di ogni sua Parola. Ci sta insegnando a nutrirci del suo stesso Pane, che è compiere la volontà del Padre. Gesù ci "ammonisce" oggi a non preoccuparci della nostra debolezza, e ad abbandonarci alla sua misericordia: a restare nella Barca con Lui in una traversata che è immagine della Pasqua e dell'iniziazione cristiana, il camino di fede che ci conduce al discernimento; un cristiano adulto, infatti, "comprende" quello che gli accade e lo "vede" profeticamente come una storia d'amore che lo strappa all'ipocrisia per conoscere profondamente il suo Signore. E così per la storia della sua famiglia, dei suoi figli, sino alla storia politica ed economica. Tutto è ai suoi occhi un povero pane pronto ad essere moltiplicato dall'amore di Dio. Proprio il poco scampato alla dimenticanza è quanto di più prezioso abbiamo. E' sulla barca, con Gesù. Che cos'è questo pane oggi per noi? Il desiderio di perdonare? La speranza di non cadere più in quel peccato? Che così quest'unico pane che abbiamo con noi? Forse il matrimonio, i figli, la fidanzata, il ministero, il lavoro... E' solo un pane, ma è proprio l'azzimo che Gesù desidera, per trasfigurarlo e farne il pane con cui celebrare la Pasqua e passare, insieme a chi ci è affidato, dalla morte alla vita, dal peccato all'amore.



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