Lunedì della V settimana del Tempo di Quaresima. Anno C






La luce di Cristo per conoscere il "luogo" del Padre



Se gli occhi dello spirito sono colpiti dalla nuova luce,
che da Dio promana,
l'incomprensibile opera della sua incarnazione
rende possibile che Dio divenga visibile per l'uomo nel mistero sacramentale.
Questo sguardo che Dio permette,
provoca nell'uomo uno strappo ed estasi;
la visione conduce, grazie all'amore,
al mondo invisibile della fede:
l'uomo della terra viene portato in cielo.

Paul J. Cordes
"Dov'è tuo Padre?": è la domanda che ci sentiamo ripetere nell'intimo di fronte alle sofferenze. Essa viene certo dal serpente che ci vuole indurre a dubitare, ma nasconde comunque il bisogno di poter scoprire, oltre la superficie, le tracce del destino eterno per il quale siamo stati creati. Signore, "dov'è tuo Padre?". Tu che ci dici di essere Figlio di Dio, perché sei appeso a una Croce? Signore, "dov'è nostro Padre?". Tu ci dici che in te siamo figli di Dio, perché allora quello che i nostri occhi vedono e la nostra carne sta sentendo è dolore, precarietà e paura? Perché ancora non state seguendo me che "sono la luce del mondo; chi segue me", infatti, "non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita". Certo, qualche passo dietro a Lui lo abbiamo fatto. Come quei farisei che erano di fronte a Gesù; lo avevano cercato e in qualche modo seguito, ma difendendo il proprio "giudizio secondo la carne". Ma così ci si chiude alla luce della vita e si cammina nelle tenebre. Gli eventi e le persone divengono fantasie irreali. La "carne", infatti, non coglie ciò che si cela oltre l'apparenza e stringe gli occhi, schiacciando mente e cuore in una prospettiva angusta che nulla più dell'immediato sa prevedere. Per questo Gesù "non giudica nessuno" secondo la carne, ma "testimonia". Ed è molto diverso. Un conto è giudicare le persone e la storia appoggiandosi a se stessi, un conto è "testimoniare" insieme al Padre che esiste una verità che supera l'evidenza immediata. Gesù, infatti, con il suo Mistero Pasquale, ha "testimoniato" che la morte, il peggio che ci appaia dinanzi, non è la parola fine sulla vita, ma il passaggio che la trasforma in gioia e pienezza eterne. E noi possiamo accogliere e sperimentare l'autenticità della sua "testimonianza" già oggi, camminando dietro a Lui in questo mondo. Chi "segue" il Signore, infatti, vedrà risplendere della sua "luce" tutto ciò che per la superbia della carne e il pensiero del mondo è "tenebra". Lo è una malattia o la morte di una persona cara; è buio pesto il carattere insopportabile della moglie, come il tradimento del marito, la difficoltà ad avere un figlio, la fragilità del carattere e la debolezza psicologica, un licenziamento e la disoccupazione, lo sfratto e qualsiasi ingiustizia subita. E' "tenebra" perché il peccato ci ha gettati tutti fuori dal Paradiso, chiudendo dietro di noi le porte del Cielo; tagliando con Dio abbiamo a poco a poco dimenticato di essere suoi figli, finendo col vivere come orfani che "non conoscono il loro Padre". Lontani da Lui la vita ha perduto la luce che solo il suo amore di Padre fa risplendere, e così ci siamo ritrovati a vagare nella storia "sperduti come un gregge", mentre "ognuno segue la sua strada", schiavi di un soggettivismo che partorisce miliardi di verità per tentare inutilmente di spiegare miliardi di storie avvolte nelle "tenebre". Ma Dio non ci ha creato per marcirci dentro! Nonostante avessimo violentato la libertà opponendoci a Lui, geloso dei suoi figli, ci ha "tanto amato da dare il suo Figlio" per salvarci. E ha fatto come annunciò profeticamente chiamando Abramo perché gli sacrificasse suo figlio: Isacco, infatti, "veniva condotto al sacrificio dal padre  quale simbolo e conferma che non si deve attribuire al potere umano o alla malvagità dei nemici il Fatto che Gesù Cristo nostro Signore sia stato condotto alla Croce, ma alla volontà del Padre, il quale permise, con un disegno preordinato, che Egli subisse la morte per il bene di tutti" (San Cirillo di Alessandria). Come sul monte Moria il Padre e Isacco "testimoniarono" insieme la fede nella provvidenza di Dio, così sul Golgota il Padre e il Figlio hanno "testimoniato" ad ogni uomo i loro amore infinito: "la Croce imposta al nostro Salvatore, ritenuta dagli uomini un semplice legno, era al cospetto del Padre come un grande ed eccelso altare, eretto per la salvezza del mondo e impregnato al profumo di una vittima santa e purissima". Ecco dunque "dove è il Padre"! E' nell'obbedienza del Figlio che rivela il suo amore infinito! E' nel suo Mistero Pasquale che illumina le tenebre che avvolgono il mondo"! E' nel Cielo che il Figlio ha riaperto per noi e che anche oggi lascia filtrare la sua "luce della vita" dalla croce sulla quale ci chiama a salire. E' lì che "conosceremo il Padre" perché "conosceremo il Figlio" che ci terrà stretti a Lui facendoci passare illesi attraverso il Mar Rosso della morte, illuminando con la colonna di fuoco della sua risurrezione la notte di cui abbiamo sempre avuto paura. Coraggio allora, uniti a Cristo da oggi potremo vedere la luce nel buio, e camminarci dentro per "sapere", ovvero sperimentare, che Egli è "venuto" da Nazaret con una carne simile alla nostra proprio per rivelarci che "veniva" dal Padre per salvarci e così "andare" di nuovo al Padre con noi. Coraggio, entra nei fatti e nelle relazioni avvolti dalle tenebre che hai sempre sfuggito, e scoprirai che in tutto e in tutti c'è il Padre che ti sta amando. Perché le persone che ci sono accanto e gli eventi della storia sono il cammino che ci è dato per seguire Gesù e non più noi stessi e i nostri giudizi fallaci. La Croce che ci incute terrore e ci fa chiedere "dov'è tuo Padre? Dov'è mio Padre?" è il candelabro sul quale il Padre ha acceso la "luce" del suo amore più forte della morte e che perdona ogni peccato. Per questo, chi vi sale con Cristo seguendo le sue orme avrà la "luce della vita", al cui bagliore vedrà trasfigurata la propria storia. Vedrà l'altro con occhi diversi, e potrà amarlo perché in lui riconoscerà la "testimonianza" del Padre e del Figlio, il segno del loro amore. Accadrà, infatti, come nell'arte iconografica orientale, dove il punto di fuga prospettico è in chi guarda l'opera e, attraverso gli occhi, esso giunge sino al cuore. L'icona ortodossa infatti è "una finestra in quanto attraverso ad essa si diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra che ci dà luce è luce…” (P. Florenskij). Così la realtà che si pone davanti a noi come un'icona, diviene l'annuncio di una Buona Notizia, un Vangelo che si realizza nello stesso momento in cui la "Luce" giunge in chi lo contempla. Non pensare però che ti saranno risparmiate le sofferenze, perché nessun padre che ami davvero suo figlio ammalato si lascia impietosire dalle sue lacrime e non lo porta all'ospedale. Per guarire e aprire gli occhi alla sua luce dobbiamo entrare con Cristo nella camera operatoria che è la Croce concreta preparata per noi, sulla quale ci sta conducendo il puro amore del Padre.  



QUI IL COMMENTO APPROFONDITO







    






L'ANNUNCIO
In quel tempo, Gesù parlò [ai farisei] e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me».
Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
Gesù pronunziò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora.
 (Dal Vangelo secondo Giovanni 8, 12-20)






Giudicare secondo la carne è come camminare nelle tenebre, perchè la carne spegne la luce dello Spirito Santo e impedisce il discernimento. I fatti della vita e le persone divengono allora fantasie irreali. Per questo i giudizi sprigionati da menti e cuori carnali sono sempre destinati alla smentita della storia. Come i farisei, anche noi cadiamo nella stessa trappola. Siamo tutti malati di scientismo, la "concezione filosofica che si rifiuta di ammettere come valide forme di conoscenza diverse da quelle che sono proprie delle scienze positive, relegando nei confini della mera immaginazione sia la conoscenza religiosa e la teologia, sia il sapere etico ed estetico" (Giovanni Paolo II, Parole sull’uomo). E così risuona in noi la stessa subdola domanda dei farisei: "Dov'è tuo Padre?", quella che Gesù ha sentito ripetersi, come l'estrema tentazione, sulla Croce. Ma proprio lì, inchiodato dai nostri peccati, ci ha rivelato che il Padre "è" nella misericordia. Sulla Croce Gesù "non ha giudicato secondo la carne", ma ha giudicato le opere della carne cancellandole una per una. Il suo "giudizio vero" è stato ed è la misericordia, l'unica che fa giustizia dell'uomo rivelandone l'intima debolezza, l'amara realtà di uno schiavo, per poterlo liberare e accogliere nella sua intimità. Sul Golgota, il Padre e il Figlio hanno reso insieme la "testimonianza vera" alla misericordia: "Uno solo è Dio, il Padre, e uno solo il Signore, Gesù Cristo, benedetto nei secoli. Egli per salvarci ha disprezzato ogni insulto e s’è fatto obbediente al Padre, umiliando se stesso fino alla morte e, aperte le porte dei cieli, ci ha innalzato fino alle dimore eterne, collocando così davanti agli occhi del Padre quella natura umana, che tanto presto se n’era fuggita col peccato, da tempo immemorabile(San Cirillo di Alessandria, Discorsi Pasquali). Nella luce pasquale riconosciamo il cammino di Cristo, lo possiamo ripercorrere sino a giungere al luogo "da dove Egli è venuto e dove va", il seno eterno del Padre; e così, possiamo anche cogliere l'origine e la meta della nostra vita in Lui. Se Dio si è fatto carne significa che in ogni carne è presente un frammento del Cielo disceso sulla terra: "Con il secondo articolo del ‘Credo’ siamo davanti all’autentico scandalo del cristianesimo. Esso è costituito dalla confessione che l’uomo-Gesú, un individuo giustiziato verso l’anno 30 in Palestina, sia il ‘Cristo’ (l’unto, l’eletto) di Dio, anzi addirittura il Figlio stesso di Dio, quindi centro focale, il fulcro determinante dell’intera storia umana… Ci è davvero lecito aggrapparci al fragile stelo d’un singolo evento storico? Possiamo correre il rischio di affidare l’intera nostra esistenza, anzi, l’intera storia, a questo filo di paglia d’un qualsiasi avvenimento, galleggiante nello sconfinato oceano della vicenda cosmica?" (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo). Correre il rischio di affidare la nostra intera esistenza a Cristo, in questo si gioca la nostra salvezza, e con essa la gioia e la pace. 

Nella storia che viviamo, il Padre “rende testimonianza a suo Figlio”, autentica la sua identità illuminando, con il potere della misericordia, ogni istante e ogni persona. Questa testimonianza illumina i nostri peccati, le ingiustizie, le mancanze di carità, e rende il nostro cuore contrito e umiliato, capace di accettare ogni persona per come è, e ogni relazione come adeguata alla nostra debolezza: tutti siamo figli dello stesso Padre, perché tutti abbiamo bisogno della stessa misericordiaProprio quel difetto scoperto e denunciato nel fratello è uno scrigno che nasconde l'amore di Dio che si è chinato su di lui. Quella parola dura che ci ha detto, sorge da una storia che forse neanche immaginiamo; quell’atteggiamento infedele, è forse figlio di una storia di tradimenti patiti; quel silenzio che ci rifiuta, è permesso da Dio per spingerci ad abbandonarci alle parole di Cristo, le uniche capaci di far stendere le nostre braccia per accogliere anche il disprezzo e chi si è fatto nostro nemico. Se mia moglie non mi parla è giusto che sia così; quante volte le ho chiuso la porta della misericordia... Allora non mi resta che attendere, umilmente - in quella consapevolezza che impedisce di credermi migliore - che la misericordia di Dio copra entrambi con il suo manto, per donarci la comunione che supera la carne. In ogni evento e persona vi è un'estetica che svela l'inconfondibile mano dell'Autore della vita e della storia, l'estetica della luce pasquale, che scaturisce dal fondo della realtà e giunge ad illuminare chiunque la guardi per discernere e agire di conseguenza. Accade come nell'arte iconografica orientale, nella quale il punto di fuga prospettico è in chi guarda l'opera e, attraverso gli occhi, esso giunge sino al cuore. L'icona ortodossa, infatti, è "una finestra, in quanto attraverso di essa si diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra che ci dà luce è luce” (P. Florenskij. Le porte regali). La realtà di ciascun evento e di ogni persona si pone davanti a noi come un'iconacome un sacramento che ci annuncia la Buona Notizia, il Vangelo destinato a compiersi nello stesso momento in cui è ascoltato e contemplato: proprio attraverso le ferite della realtà che cogliamo attraverso i sensi - le ferite della Croce che ci rendono vasi di creta - giunge a noi la luce che è sul volto di Cristo risorto. "Chi segue" Lui ha questa luce nuova, assapora la libertà che impedisce di conoscere più nessuno secondo la carne; lo sguardo del cuore è trasfigurato in un'estasi reale di pazienza sempre pronta a ricominciare, capace di amare e guardare tutto e tutti con gli stessi occhi misericordiosi di Gesù: "Il messaggio di Gesù è quello: la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore: la misericordia. Lui si dimentica, Lui ha una capacità di dimenticarsi, speciale. Si dimentica, ti bacia, ti abbraccia e ti dice soltanto: "Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più" (Gv 8,11). Soltanto quel consiglio ti da. Dopo un mese, siamo nelle stesse condizioni… Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare" (Papa Francesco, Omelia nella Santa Messa celebrata nella Chiesa parrocchiale di Sant’Anna in Vaticano, 17 marzo 2013)






αποφθεγμα Apoftegma

Se gli occhi dello spirito sono colpiti dalla nuova luce,
che da Dio promana,
l'incomprensibile opera della sua incarnazione
rende possibile che Dio divenga visibile per l'uomo nel mistero sacramentale.
Questo sguardo che Dio permette,
provoca nell'uomo uno strappo ed estasi;
la visione conduce, grazie all'amore,
al mondo invisibile della fede:
l'uomo della terra viene portato in cielo.

Paul J. Cordes

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